
ANNO 2000
La musica dei popoli
Da sabato a Oristano si tiene
Dromos, un grande festival di worl music
LA NUOVA SARDEGNA - Giovedì 7 settembre 2000
Roberto Petretto
E’ la musica dei popoli, è il real worl delle sonorità
tradizionali riviste e rivissute in chiave moderna da artisti di
tutto il mondo che non sono chiusi nei loro paesi, ma viaggiano,
usano i più moderni mezzi della tecnologia, navigano su Internet. E
a volte si ritrovano. Accadrà a Oristano, da sabato sino al 12
settembre, in occasione del Festival Dromos. Il festival della
musica dei popoli, come hanno voluto battezzarlo gli organizzatori
dell’evento, giunto quest’anno alla seconda edizione. E di
evento musicale vero e proprio si tratta: Dromos, già al suo
secondo anno di vita, “ha raggiunto la maturità” come ha detto
l’assessore comunale alla Cultura, Mauro Solinas, durante la
conferenza stampa di rappresentazione. “Ma Dromos ha ancora ampi
margini di crescita”. Tutti d’accordo con Solinas: da salvatore
Corona dell’agenzia Applausi (uno dei padri di Dromos), a Attilio
Dedoni dell’assessorato regionale alla Cultura (assente per
impegni concomitanti l’assessore Onida), all’assessore
provinciale Pier Paolo Pisu.
Dromos in un anno è cresciuto : nel 1999 era un festival fatto
esclusivamente da artisti sardi. Quest’anno si è aperto al resto
d’Italia e anche a qualche tocco di internazionalità. Nel
villaggio globale della musica etnica si salta senza difficoltà dai
tenori di Orune a Teresa De Sio, da Elena Ledda e i Sonos alla
musica gitana dell’Alexian Group. Ecco quindi il programma delle
quattro serate (tre a pagamento e una gratuita): sabato saliranno
sul palco Elena Ledda e i Sonos, la romana Lucilla Galeazzi e il
campano Massimo Nardi, il toscano Riccardo Tesi, Su Cuncordu
Lussurzesu, la scuola di launeddas di Giovanni Casu, l’Alexian
Group. Domenica toccherà ai siciliani fratelli Mancuso, ai
TancaRuja, al gruppo Nura, composto da artisti salentini, algerini e
russi) e al gruppo Para Tres, che unisce esperienze e sonorità
sarde (Gesuino Deiana dei Cordas et Cannas), cubane (Cotò) e del
Madagascar (Kilema). Lunedì si esibiranno i tenore di Orune, il
gruppo Almendra con Andrea Parodi, Bebo Ferra e Gemiliano Cabras, il
calabrese Arnaldo Vacca, il campano Rino Zurzolo, Gavino Murgia,
Marino Derosas, Francesco Pilu dei Cordas et Cannas. Chiuderà la
serata Teresa De Sio con il suo gruppo.
Ultimo appuntamento martedì 11, per un concerto gratuito in
piazzetta Corrias: si esibiranno il Pinna guitar Trio e ancora i
Para Tres.
L’altra novità di quest’anno è costituita dalle mostre che
saranno allestite nella Pinacoteca comunale di via Sant’Antonio
(inaugurazione sabato). Si tratta delle mostre fotografiche
“Musici Sardi” di Gianfranco Mura
e “Dromos Live” di Federico Figus ma soprattutto della
mostra di pittura “Motorini per dissetare gli alberi” di
Salvatore Garau, che per la prima volta espone a Oristano alcuni
suoi acquarelli.
I concerti di sabato, domenica e lunedì si terranno nel non
entusiasmante spazio del parcheggio di via Mariano IV.
Oristano paga ancora una volta la mancanza di strutture idonee ad
ospitare eventi di questo genere. Tutti i concerti (anche quello di
martedì) cominceranno alle 21,30.
Dromos si inserisce nel programma del Settembre Oristanese,
comprende anche spettacoli di cabaret, concerto di bandistici e di
gruppi emergenti, spettacoli di burattini, musica folk. Oggi il
primo appuntamento con il concerto di Enrico Ruggeri.

Dromos 2000
Bilancio positivo e propositi per la prossima edizione
Un festival che vice e cresce
dentro la città
L’Uione Sarda - 07 settembre 2000i
Patrizia Mocci
Un festival dentro la città, fatto di artisti, che popolano la sera
con la musica, e di artigiani della tradizione sarda, che rendono
vive piazze e strade del centro. Ultime battute di “Dromos
2000”, il festival della musica dei popoli, e già si pensa alla
prossima edizione. L’esperimento fatto martedì, coda delle tre
serate, sembra dare ragione a questa idea pensata per il prossimo
anno: dopo le tre date allestite nel parcheggio di via Mariano IV,
la quarta ha trovato spazio nel cuore storico della città, nella
piazza Corrias, quasi a tastare il terreno per il futuro. Oltre
quattrocento sedie occupate, ma gli organizzatori parlano di oltre
cinquecento di spettatori in piedi: sul palco il trio di chitarre di
Marco Pinna, seguito dal gruppo “Para Tres”, che riunisce
Gesuino Deiana, dei “Cordas et Cannas”, il cubano Cotò e il
malgascio Kilema.
«Il festival potrebbe diventare un polo di attrazione per artisti
di tutto il mondo», dice Salvatore Corona, della associazione
Dromos, «e costituire un appuntamento culturale interessante per la
nostra città e per la Sardegna. Già quest’anno abbiamo voluto
dislocare una serata nel centro storico, ma l’obiettivo per il
prossimo futuro è di coinvolgere tutta la città nella
manifestazione, animando ogni piazza del centro con i concerti e le
mostre, in modo che la musica e l’arte arrivino là dove è la
gente, in un incontro che coinvolga tutti, come succedeva durante le
feste del passato. I numeri di questa edizione ci incoraggiano».
Tremila spettatori paganti, mille per serata: forse un lieve calo
rispetto allo scorso anno, ma anche una riconferma per gli
organizzatori, tenuto conto del fatto che si tratta di una proposta
singolare, fatta di artisti poco conosciuti ai più. Attraverso
“Dromos” si sta facendo, quindi, un lavoro di divulgazione e i
primi frutti cominciano a vedersi. Accanto al pubblico
“affezionato”, anche molti giovani che si avvicinano alla
tradizione.
Aspetti positivi, ma anche qualche neo; riguarda l’organizzazione,
in particolare. «I tempi utili per l’allestimento del festival
sono stati davvero limitati», dice Corona, «lo abbiamo messo su in
venti giorni, con conseguenze facilmente immaginabili, legati alla
conferma per la presenza degli artisti. Per questo non siamo
riusciti ad avere alcuni, come la maiorchina Maria Del Mar Bonet».
Ancora, il problema degli spazi: in città non c’è poi tanto da
scegliere; le alternative avrebbero potuto essere il campo Tharros o
Sa rodia. Gli organizzatori hanno preferito il parcheggio di via
Mariano IV, compensando l’inadeguatezza dello spazio con una
scenografia interessante nella sua semplicità. Per la prossima
edizione, si pensa a un palco principale, arricchito da altri
dislocati in diverse piazze della città.

Da sabato a martedì a
Oristano quattro serate di suoni etnici
Andrea Parodi e Teresa De Sio sono le stelle di Dromos
L’Unione Sarda - 14 settembre 2000
Patrizia Mocci
L’edizione 2000 si propone
con due novità. Una riguarda gli artisti, oltre che quelli sardi,
sul palco anche alcuni gruppi stranieri. L’altra novità arriva
dall’allestimento di tre mostre di pittura e fotografia. Le vie
della musica, nel Mediterraneo, seguono strade imprevedibili, non
rispettano frontiere o confini, nè te0mpi e modi. Ecco perché
quest’anno “Dromos, festival della musica dei popoli”, su una
idea della associazione “Dromos”, con il sostegno finanziario di
Comune e Provincia di Oristano e Regione, si è arricchito di
artisti stranieri che danno alla manifestazione un respiro
internazionale. Riflettori accesi per quattro serate di musica
etnica, a partire da sabato fino a martedì prossimo: per quanto
riguarda le prime tre serate, il palco sarà allestito nel
parcheggio di via Mariano IV, mentre per l’ultima troverà spazio
nel centro storico oristanese, in piazza Corrias.
La prima serata sarà affidata a Elena Ledda & Sonos, Lucilla
Galeazzi e Riccardo Tesi, in arrivo dalla Toscana, e Massimo Nardi,
dalla Campania; Su Cuncordu Lussurzesu e la Scuola di launeddas di
Giovanni Casu. Un pizzico di delusione per gli amanti della musica
maiorchina interpretata da Maria Del Mar Bonet, la cui
partecipazione era stata prevista dagli organizzatori e annunciata
anche dai manifesti: la cantante spagnola non ci sarà perché
trattenuta a Tenerife da altri impegni. Al suo posto, si esibirà
“Alexian group”, portavoce della cultura e della musica zigana.
Domenica si esibiranno i fratelli Mancuso, dalla Sicilia; Tancaruja;
Nura, che proporranno un progetto nato dalla fusione delle culture
del Salento, Algeria e Russia; Para tres, tre isole Sardegna, Cuba e
Madagascar riunite in un unico repertorio con composizioni originali
e arrangiamenti di brani tradizionali delle rispettive isole. Il
programma va avanti lunedì con I tenores di Orune; Arnaldo Vacca,
dalla Calabria; Almendra, il nuovo progetto di Andrea Parodi che
coinvolge Bebo Ferra, Gemiliano Cabras, Rino Zurzolo e Arnaldo
Vacca, con ospite speciale Gavino Murgia; Marino De Rosas, Francesco
Pilu e Teresa De Sio e il suo gruppo. Cambiamento di scenario per
l’ultima serata, il palco verrà allestito in piazza Corrias: una
scelta dettata dalla volontà di coinvolgere un’altra zona della
città, ma l’obiettivo futuro è di ramificare la manifestazione,
animando ogni piazza del centro con i concerti e le mostre, in modo
che la musica e l’arte arrivino là dove è la gente. Di scena
Pinna guitar trio, e ancora Para tres.
Accanto alla musica, la pittura e la fotografia: il primo piano
della Pinacoteca comunale di via Sant’Antonio ospiterà “Musici
sardi” la mostra fotografica di Gianfranco Mura, “Dromos
live”, mostra fotografica di Federico Figus e “Motorini per
dissetare gli alberi”, esposizione di acquerelli inediti di
Salvatore Garau; potranno essere visitate a partire da sabato fino
al 25 settembre.

Chiacchierata con Teresa De Sio,
protagonista della musica popolare
Preferisco i linguaggi della sperimentazione
L’Unione Sarda - 14 settembre 2000.
Francesco Pintore
Quando Salvatore Corona e Roberto Delogu, animatori e inventori di Dromos,
l’hanno invitata al festival oristanese lei non ci ha pensato due
volte. In fondo Teresa De Sio con la musica popolare ha mosso i
primi passi nel mondo delle sette note. Dopo la parentesi pop negli
anni Ottanta è ritornata alla musica delle radici, delle sue radici
campane. Per Dromos ha preparato un miniset improntato al nuovo
percorso musicale intrapreso con la Compania delle Indie, la sua
casa discografica.
Con il progetto “La notte del dio che balla” è tornata
alle origini, a quando suonava e cantava con Musicanova. Un ritorno
alla tarantelle e ai suoni del sud, sia pura in chiave moderna
Sì, le cose stanno così. In fondo i linguaggi della musica
popolare a differenza del rock e del pop non sono chiusi. Io
preferisco linguaggi misti che offrono maggior possibilità di
sperimentazione e di ricerca. In fondo, è cosa risaputa, tantissimi
artisti, anche i più grandi nomi del rock hanno iniziato con la
musica popolare.
Come vede il fenomeno della musica etnica. È solo una moda?
In parte sì, ma sicuramente ha consentito la nascita di nuove
formazioni e di nuove formule musicali interessanti.
Si riferisci alla nuova scena napoletana?
Non soltanto a quella. Anche in altri contesti geografici. La
musica popolare rispetto a quanto accadeva negli anni Settanta ha
allargato i confini.
E gli anni Ottanta? Come li ricorda?
Per me è stato un bel periodo, ma in generale li ricordo
deprimenti. La musica era povera di contenuti e si badava troppo
all’estetica.
Come è cambiata la musica italiana?
Sicuramente in meglio, almento per quanto riguarda i nuovi
gruppi.
Tra gli artisti napoletani chi apprezza in particolare?
Mi piacciono tanto gli Almamegretta, i 99 posse e i 24 Grana, ma
ci sono tante altre formazione che portano avanti discorsi musicali
interessanti e originali.
E la nuova Teresa De Sio?
Ho riscoperto il ballo. Lo forza del ballo. Il ritmo è come una
medicina.
Dischi in arrivo?
Sì, sto lavorando e credo tra poco entrerò in sala d’incisione.
Ma non aggiungere altro.

ANNO 1999
Suoni dall’isola
Nasce “Dromos” progetto di
world music
LA NUOVA SARDEGNA - Giovedì 21 gennaio 1999
Walter Porcedda
Dromos. Così si chiama lo stretto passaggio che conduce dentro le
domos de janas. Ed è anche il titolo scelto per battezzare un nuovo
progetto che punta a mettere assieme, se non tutto, una buona parte
dell’ambiente musicale “world” sardo. Per la prima volta unito
in un lavoro di organizzazione e di management che punterà, secondo
le intenzioni di chi l’ha pensato, Salvatore Corona di Applausi, a
rimuovere, prima di tutto nella stessa regione e poi, naturalmente,
fuori dall’isola del gruppo ormai consistente di artisti
professionisti e no, che operano ormai da tempo producendo musica di
qualità. A questo scopo è stato dato alle stampe un’elegante
volume di una ventina di pagine contenente fotografie, testi e
informazioni sui gruppi musicali. “Materiale che si troverà ben
presto – così spiega Salvatore Corona – anche all’interno di
un sito Internet, in corso di allestimento”.
Obbiettivo tra gli altri, quello di raggiungere anche le diverse
“isole” di sardi all’estero, rappresentati dai numerosi
circoli. “Dromos” raccoglie davvero il meglio degli artisti
sardi. Da quelli di tradizione classica come il Tenore di Bitti e
Monte Corrasi di Oliena, il Coro di Orgosolo, Valenti strumentisti
come Luigi Lai, Marino De Rosas, Totore Chessa e Orlando Mascia. E
ancora Caterina Cimino di Festa Sarda e il Trio Cocco. Ensemble di
grande livello come quello dei Sonos ed Elena Ledda, Voyage en
Sardaigne di Enzo Favata. E poi ancora la recente formazione Abacada
capitanata dal cantante Andrea Parodi, i TancaRuja – prodotto da
Applausi e che da poco hanno appena firmato il contratto per
incidere con la prestigiosa Compagnia Nuove Indie – Argia, Calic,
Cordas et Cannas, Noe Dies e Abbanegra. Presentazione ufficiale ai
primi di febbraio con un concerto “umplugged” al teatro Garau di
Oristano, con la partecipazione della maggior parte di questi
artisti.

Avanti insieme. Forza
Paris
L’Unione Sarda - 21 gennaio 1999
Di Francesco Abate
Lasciate perdere lo sciogliete le righe della Brigata Sassari e
provate a buttarvi in un inquadramento fatto di note e pause.
Lasciatevi trascinare in un vortice di suoni, scivolando su un
tappeto di ritmi ancestrali, quasi una slavina di musica. E allora,
eccovi benvenuti a "Dromos", la grande famiglia dei gruppi
sardi che suonano la musica dei padri o la rivisitano guardando al
nuovo millennio. Tutti insieme in un unico catalogo, un sorta di
Real World formato Sardegna, che in questi giorni fa il suo esordio
e soprattutto il primo febbraio, al teatro Garau di Oristano, in la
collaborazione con l'assessorato alla Cultura del Comune, si
presenta al pubblico.
Non più mal unidos, almeno sul pentagramma. Note etniche
in arrivo da coste ed entroterra, quelle che Peter Gabriel,
fulminato sulla strada del pop dai lamenti del mondo, ha
ribattezzato world-music. E la musica della nostra terra fa
quadrato. Un unico progetto, stessa sigla, una sola agenzia di
vendita che promuove i gruppi, li fa girare di concerto in concerto,
di piazza in piazza. Non ci sono tutti, sia ben chiaro. Né tanto
meno Dromos è la bibbia della musica in limba. Però ci sono molti
di quelli che contano. Il vecchio e il nuovo, i tradizionalisti e i
jazzisti. Quelli che amano masticare anche rock e chi strizza
l'occhio alle ritmiche africane. Un bel caleidoscopio, quasi un
mosaico dai mille colori messo su, lentamente e pazientemente
composto dall'agenzia Applausi di Oristano. Stratega del progetto
Salvatore Corona, 43 anni. Molti lo avranno visto sudare dietro i
palchi dei maggiori concerti pop ospitati dalle nostre parti. Pochi
sanno però che ai lustrini da Castrocaro Terme preferisce coltivare
una maniacale passione per la letteratura sarda. Basterebbe pensare
che il suo primo figlio, lo ha chiamato come il Portolu di Grazia
Deledda, Elias. O che il catalogo da lui curato inizia con un bel
verso del poeta Pietro Mura: E como, Deus de chelu, a chie canto
cust'urtima cantone cana? . E adesso, Dio del Cielo per chi
canto questa mia ultima canzone dai capelli grigi?
Suona bene anche se ha un retrogusto malinconico. Come del resto
ognuna delle produzioni di Dromos. Quasi che l'esercizio di
riportare alla memoria ciò che è passato lasci uno strano languore
che solo i suoni della festa possono esorcizzare.
Filosofia fra le note ma anche molto pragmatismo: «Perché questo
progetto?», spiega Corona, «perché mi ero stancato di andare, per
lavoro, a sentire artisti che con me non hanno nulla a che fare. Mi
solleticava l'idea di proporre per la stagione dei grandi concerti
una squadra legata dall'amore per la musica sarda». Va bene i
grandi miti degli anni '60 da rimettere in pista, la musica pop-rock
che in una festa paesana è un po' come il sale. Però spiega Corona
ci voleva qualcosa di più. «Ho fatto quello che più mi era
congeniale. Non sarei stato in grado né mi avrebbe intrigato
lanciare una nuova proposta per Sanremo. Così con il coordinamento
di Roberto "Cipo" Delogu e lo staff di Applausi abbiamo
cucito l'intreccio di Dromos». Del resto forse questo è il momento
più propizio per un'operazione che in altri tempi avrebbe
incontrato mille ostacoli. Il rinato interesse verso la musica
etnica in generale, ma in particolare verso il suono delle antiche
launeddas, il mistero delle voci sardi dei tenores, la voglia di
sperimentare alchimie fra i suoni del passato e quelli del presente.
Ora si fa un passo in più e saranno solo gli esiti della stagione
estiva per dire se la formula ha dato i risultati sperati: maggiori
spazi, più forza e voce. Qui ma anche oltre Tirreno. La prima
prova, grazie al Comune di Oristano, al teatro Garau lunedì primo
febbario. Ci saranno tutti gli artisti di Dromos per un concerto che
difficilmente potrà avere un bis.
Abacada: il nuovo corso di
Parodi
Abacada è la canzone-simbolo
di tutto lo spettacolo. Andrea Parodi, ex voce dei Tazenda, ha
riunito intorno a se un ensemble di musicisti di primo livello:
Francesco Sotgiu, Gavino Murgia, Rossella Faa, Gemiliano Cabras. Un
progetto che fa rivivere le atmosfere acustiche del Mediterraneo:
dalla Grecia alla Turchia passando per l'Africa.
Argia: il "morso"
della musica
Enrico Frongia, Alberto Balia e
Riccardo Lai con il supporto di Eugenio Lugliè e Paolo Sanna. È la
rilettura in chiave moderna delle musiche tradizionali. Un affresco
multiforme fatto di grandi virtuosismi.
Calìc: fra sardo e catalano
Sono presenti nel catalogo nel
settore della Compagnie Nuove Indye (grosso gruppo di management
nazionale). Lo spirito della musica catalana incontra quello delle
etnie del Mare nostrum.
Cordas Et Cannas: i prediletti
di Gabriel
Peter Gabriel, l'ex Genesis
padrino della musica etnica del mondo, ha un debole per Gesuino
Deiana, mente del gruppo gallurese. Sarà forse perché la
formazione ha saputo tradurre in note moderne gli umori delle grandi
feste campestri. Un suono sanguigno approdato in sette lavori
discografici e una valanga di concerti in tutto il pianeta. Deiana e
Balia sono presenti nel progetto anche con il duo Abbanegra.
Noe Dies: la danza popolare
Un duo: Luciano Loi e Tore
Delussu recuperano ciò che resta di un mondo di suoni antichi e
ripropongono la danza popolare sulle note dei loro organetti.
Elena Ledda: l'eredità di
Suonofficina
Una di quelle rare cantanti che
raggiungono la dimensione di interpreti. Elena Ledda e Mauro Palmas:
una grande voce per muttos e disperadas più la raffinatezza di un
polistrumentista che fu l'anima di Suonofficina. Con loro i Sonos:
Silvano Lobina (basso), Alberto Pisu (batteria), Massimo Ferra
(chitarra) e Riccardo Tesi, organetto.
Voyage en Sardaigne
Il titolo è preso in prestito
dal libro di La Marmora, le musiche sono invece quelle di Enzo
Favata e del suo ensemble. Quando lo scorso anno Il Manifesto
pubblico il cd omonimo andò a ruba nel giro di poche settimane.
Tutto esaurito con una prodotto non certo da superclassifica-show.
Un lavoro raffinato che gioca con i suoni delle benas intrecciate
con archi e sassofoni.
Tancaruja: il ritorno di Pino
Martini
Un ex Stormy Six alla guida di
un progetto che lo scorso anno è approdato sul fortunato cd
"In Terra e in chelu". Un tributo alla Sardegna dopo tre
anni di ricerche negli archivi etnomusicali. La bella voce di Beppe
Dettori e un gusto per l'impatto che fu del miglior rock.
Trio Cocco: la tradizione in
famiglia
La chitarra pizzicata, antica
tecnica musicale comune a tutto il bacino del Mediterraneo, è oggi
quasi scomparsa. Quasi, perché Antonio, Onofrio e Giannetto Cocco
(padre e figli) la fanno rivivere nelle loro composizioni elaborando
in chiave moderna armonie e melodie tradizionali, ritmi di danze
paesane e canti sardi.
Furias: launeddas e organetti
Orlando Mascia, profondo
conoscitore del patrimonio musicale della sua terra, esegue balli
tradizionali con launeddas, sulittu, organettu, trunfa e chitarra.
Lo accompagno Paoletto Zicca e Bruno Camedda.
Caterina Cimino: la festa sarda
Una voce gentile canta le
poesie del passato, le storie di sempre per chi ha il gusto di
riascoltarle all'infinito come le fiabe per i bambini. Con lei
Antioco Mattana, Bruno Camedda, Orlando Maxia, Paolo Zicca.
Luigi Lai: l'uomo delle
launeddas
Il mito narra che le launeddas
nacquero da una ninfa trasformata in canna per sfuggire al dio Pan
che per consolarsi usò la canna per suonare. Luigi Lai è uno dei
grandi maestri dell'antica arte.
Marino De Rosas: tutte su sei
corde
Due lavori discografici,
l'ultimo "Meridies" lo scorso hanno, gli ha regalato la
definitiva consacrazione di cantante e chitarrista.
Totore Chessa: l'arte
nell'organetto
Come un rito sacro, la danza
sprigiona una forza capace di vincere la fatica del vivere. Chessa
è lo sciamano capace di celebrare questo rito con in mano il suo
organetto.
I Tenores: Bitti, Oliena e
Orgosolo.
I misteri delle voci sarde in
Dromos sono rappresentati da tre gruppi di tenores. Quelli di Bitti
hanno conquistato una fama internazionale grazie alle attenzioni di
Peter Gabriel. Ma non sono da meno quelli del Monte Corrasi di
Oliena e il Coro Orgosolo Antonia Mesina.

“Dromos”, ovvero il concerto dell’anno
WEEK - 3 Febbraio
1999
Cristiano Sanna
Parlare di “Woodstock sarda della musica etnica” può
sembrare pacchiano.
Eppure l’evento è tale da meritare qualche sana impennata di
entusiasmo: il 1 febbraio i maggiori rappresentanti del patrimonio
etnomusicale isolano si incontreranno al teatro Garau di Oristano
L’idea è partita da Salvatore Corona promoter di spettacoli e
manager dell’agenzia Applausi. Mettere insieme un grande cast di
artisti e creare uno spettacolo itinerante che funzionasse da
vetrina definitiva sul presente (e il futuro Prossimo) della musica
sarda. Un evento senza precedenti, dato che permette l’incontro
fra 17 rappresentanti della musica dei padri. Uno sguardo a 360
gradi sulle note che traducono in musica l’anima di una terra
ancestrale, con uguale spazio per la tradizione, la sperimentazione
e la melodia. La prima assoluta del concerto-evento è prevista
lunedì 1 febbraio al teatro Garau di Oristano. Ma “Dromos”
termine in limba che definisce l’apertura d’accesso alle domos
de janas) è destinato a trasportare dentro e fuori dall’isola la
magia di una musica resa perfetta dal tempo e che tutto il mondo ci
invidia. Abbiamo avuto bisogno delle attenzioni di Peter Gabriel e
delle produzioni internazionali per rendercene conto, adesso i più
lungimiranti si muovono per rappresentare tanta ricchezza culturale
e artistica in modo degno.
L’operazione ambiziosa e impegnativa, patrocinata
dall’assessorato alla Cultura di Oristano, è anche
un’opportunità per dimostrare che i sardi sanno collaborare per
esaltare la massimo la loro creatività, sfatando così il luogo
comune dell’individualismo masochista. Ed eccoci agli artisti, i
veri protagonisti della grande giornata di musica: a cominciare da
Abacada, rilettura dei canti tradizionali del Mediterraneo affidata
alla voce dell’ex-Tazenda Andrea Parodi, accompagnato da una band
di virtuosi. A seguire gli Argia, formazione guidata dal chitarrista
Enrico Frongia che interpreta con originalità la nostra tradizione.
Gli algheresi Calic intrecciano canti catalani e sonorità
malinconiche con il piglio dei cantastorie brasiliani. Il progetto
TancaRuja guidato dal bassista compositore Pino Martini (ex Salis e
Stormy Six) è da poco approdato alla corte della Compagnia Nuove
Indye, una delle più prestigiose etichette discografiche
specializzate in world music. Il cd d’esordio “In terra e en
chelu”, anche per merito della straordinaria voce di Beppe Dettori,
ha bruciato in poco tempo la prima tiratura e ora corre verso la
distribuzione nazionale. Un progetto che affronta con piglio
energico e moderno la musica popolare sarda. Chi ha bisogno di poche
presentazioni sono i Sonos, la formazione raccolta attorno alla
mandola di Mauro Palmas e alla voce emozionante di Elena Ledda
capace di fondere la ricerca di Suonofficina con la spontaneità dei
muttos. Tra i nomi di spicco in “Dromos” ci sono anche i Cordas
et Cannas, capaci di incantare Peter Gabriel con la loro musica
festosa. Il cuore della Sardegna vibra potente nelle voci dei
Tenores di Bitti (disco d’esordio su Real World), di Oliena e
Orgosolo.
L’arte degli
strumenti tipici sarà rappresentata dall’organetto di Totore
Chessa, le launeddas di Luigi Lai, le danze popolari di Orlando
Maxia e i Furias, Le chitarre pizzicate del Trio Cocco e i balli
antichi riproposti dai Noe Dies. Sulle ali del successo ottenuto con
l’uscita del libro-cd edito dal Manifesto, al concerto parteciperà
anche il sassofonista algherese Enzo Favata e l’ensemble di Enzo
Favata di “Voyage en Sardaigne”. Sorprese nelle esibizioni di
Caterina Cimino, la cui voce canterà fiabe e poesie del passato, e
negli arpeggi del virtuoso chitarrista Marini De Rosas. La lista
delle partecipazioni è impressionante, di quelle che si preparano
per i matrimoni più attesi e importanti. Potete mancare?

E como, Deus de chelu, a
chie canto cust'urtima canzone cana? A bentanas apertas a su tempus nobu promissu a Sardigna barandilla de mares e de chelos? Su
bentu ghettat boches...
E adesso, Dio del cielo, per
chi canto questa mia ultima canzone dai capelli grigi? Alle finestre
aperte al tempo nuovo che ci hanno promesso o alla Sardegna
ringhiera di mare e di cielo? Il vento sta chiamando...
L’Unione Sarda - 5 febbraio
1999
Antonio Masala
A chi canta questa Sardegna, al vento, a chi? Si interroga Pietro
Mura di Isili nella sua splendida poesia, si interrogano i sardi
coraggiosamente piazzati nella trincea musicale Sassari. Non
passeranno i mistificatori, i falsari in si bemolle: avanti
Sardegna. Avanzino i tenores, sulittos e organetti, trunfas e
chitarre, launeddas e tamburi. L'altra notte, al Garau di Oristano,
è sfilato il meglio della scena musicale etnica della Sardegna. I
tenores di Orgosolo, Elena Ledda, il trio Cocco, Andrea Parodi,
Leonardo Cabizta 53 anni sui palchi e cinquemila gare a chitarra. Il
tutto condensato in una ricca pubblicazione voluta e curata da
"Applausi", società oristanese di spettacoli che «ha
privilegiato la cultura anziché la cassetta», sottolinea Elena
Ledda.
L'hanno chiamata Dromos, qualcosa che riporta alle mente «immagini
di stretti cunicoli e fessure», spiega Giacomo Serreli. Umori
sonori che risvegliano orecchie pigre e distratte. Al Garau le
parole si sono vestite di musica per la gioia di un pubblico in
estasi. È la prima volta che nell'Isola viene realizzata una
pubblicazione con artisti di grande livello. Eccoli. Andrea Parodi
con Abacada, parola magica che nella lingua dei nuraghi
significava quiete, pace, traquillità. Argia, una storia musicale
variegata come un affresco capace di coinvolgere il grande pubblico.
I Cordas et Cannas, capaci di abbracciare in un ideale ballu
tundu le culture più diverse con la naturalezza che soltanto i
talenti sono capaci di offrire. Elena Ledda, una cantante che ha
toccato l'Olimpo dei canti in re, i muttos, sa disisperada.
Una voce che fa vibrare i polsi e le vene, capace di stregare. Enzo
Favata, viandante in un'Isola antica fra launeddas, sassofoni,
strumenti ad arco, benas, trunfas, chitarre e voci a tenores. Un
gioco tanto difficile quanto riuscito. I Tancaruja, fra tradizione e
libertà dell'innovazione, un gioco sottile fra la musica sarda e
tutte le altre musiche.
Ancora: il Trio Cocco di Narbolia, padre e due figli impegnati a
conservare la tradizione della chitarra pizzicata, un'antica tecnica
musicale comune a tutto il bacino mediterraneo che sarebbe
definitivamente scomparsa se padre Antonio non l'avesse gelosamente
custodita. I figli Onofrio e Giannetto pizzicano gli strumenti con
delicatezza e calore, passione e amore. I Furias, col grande
strumentista Orlando Mascia, conoscitore come pochi della musica
sarda. L'accompagnano Paoletto Zicca e Bruno Camedda: launeddas,
sulittu, organetto e trunfa. Caterina Cimonio e la Festasarda:
storie di ieri, fiabe che ti fanno riscoprire il bambino che eri. Un
catalogo senza fine: Luigi Lai, il re delle launeddas, un mito,
memoria vivente di un patrimonio e di una tradizione senza tempo. Ed
ecco i tenores: il coro Orgosolo "Antonia Mesina", i
tenores Monte Corrasi di Oliena, i tenores di Bitti "Remunnu e
locu". Memorie musicali, un fascino arcano al quale nessuno può
sottrarsi.
Al Garau è un'esplosione di musica. Ci sono Gavino Murgia con su
solittu, il trio Cocco che intona il ballo, Livio Lai che attacca
con le launeddas. Ed Elena Ledda col canto in re, l'organetto di
Totore Chessa, i Cordas et Cannas col mitico Nanneddu meu,
Enzo Favata, i tenores di Orgosolo a passu e ballu, la
chitarra di Mario Derosas, Andrea Paodi che intona uno Stabat
mater da brivido: omaggio a Maria Carta. E ancora, i Furias e
Caterina Cimino. Ospite d'onore, Leonardo Cabitza, un canto in re
che sfonda il tetto del Garau. Piango, imploro e sospiru, invoco
invanu sa morte.
«L'obiettivo mi sembra evidente, far conoscere la musica sarda
prima di tutto ai sardi e poi dovunque nel mondo. Qualcuno ci ha già
risposto in maniera entusiasta. Dobbiamo rilanciare la nostra
musica, i tenores che non hanno eguali al mondo. Mi chiedo perché
gli inglesi si sono accorti da tempo dei nostri tenores e noi no. Ci
piacerebbe portare tutti questi artisti all'Anfiteatro di Cagliari,
in piazza d'Italia a Sassari, all'Anfiteatro di Nuoro, in piazza
Roma a Oristano. Dovunque, insomma», dice Salvatore Corona, di
"Applausi". Un coro di consensi e qualche critica.
Leonardo Cabitza: «Purtroppo il sardo non lo parla più nessuno,
deve entrare nelle scuole». Luigi Lai: «Questa idea del catalogo
è veramente ottima. Ne guadagnerà la cultura sarda». I tenores
"Antonia Mesina" di Orgosolo: «Il catalogo è importante,
una cosa ben fatta». La questione però è che quasi tutti i paesi
hanno i tenores, anche quelli che non ne hanno mai avuto: «Copiano,
arraffano le cose degli altri, ma saranno solamente fiammate».
Secondo Elena Ledda «è la prima volta che un'azienda si occupa di
tutto questo ben di Dio. Fuori siamo apprezzati, anche qui, ma
dobbiamo essere più presenti». Antonino, Onofrio e Giannetto Cocco
hanno intonato il trallalleru con Elio, Guccini e Baccini al
teatro Ariston di Sanremo, tremila persone... «Eccezionale»,
dicono: «Finalmente qualche soddisfazione dopo aver a lungo lottato
per difendere la musica originale sarda». Andrea Parodi aggiunge:
«Siamo quasi al marchio doc della musica sarda. Questo significa
salvare le tradizioni, dentro il catalogo c'è chi parte dalle
origini per proiettarsi nel mondo». La Sardegna che canta, quella
vera che non molla. Dromosapre una finestra. In musica,
ancora più bella.

Mercoledì a Oristano “Dromos”, concerto della migliore world
music sarda
La “Porta dei suoni”
Dai tenores di Orgosolo a Favata, Ledda e Parodi
LA NUOVA SARDEGNA – Venerdì 5 febbraio 1999
Roberto Petretto
Quando la musica non è solo svago e divertimento. Quando la
musica dimostra di essere parte della società da cui nasce, di
condividerne le gioie e i drammi. Il Coro do Orgosolo “Antonia
Mesina” non si è sottratto al ruolo di “veicolo” per la
diffusione di un messaggio positivo in uno dei momenti più tristi
che il centro Barbagia ha vissuto in tempi recenti con l’omicidio
di don Giovanni Muntoni. Per ricordare il sacerdote ucciso il coro
ha composto un canto a tenore. Un messaggio contro la violenza che
ha risuonato nel teatro “Antonio Garau” mercoledì sera durante
il concerto organizzato dall’Agenzia Applausi per la presentazione
di “Dromos”. “Dromos” è un catalogo che illustra
l’attività di alcuni tra i migliori artisti della scena musicale
etnica mediterranea e in particolare della Sardegna. Ma “Dromos è
anche un progetto ambizioso, che vuole dare una dimensione organica
a un universo vivace, energico e tumultuoso ma troppo spesso
affidato ad iniziative sporadiche e non sempre coordinate. Per
presentare il catalogo, realizzato dall’agenzia Adwm di Oristano e
l’iniziativa nel suo complesso era necessario creare un
“evento”. E l’appuntamento del “Garau” lo è stato perché
ha messo insieme le migliori espressioni della musica etnica sarda.
L’esibizione del Coro di Orgosolo è stato uno dei momenti più
belli della serata, proprio per i significati legati al canto a
tenores. Ma non sono mancati altri momenti di grande efficacia. Sul
palco si sono alternati Elena Ledda, Enzo Favata, Caterina Cimino,
il Trio Cocco, i Tancaruja e l’inossidabile Pino Martini. Spazio
anche per gli interpreti della tradizione classica come Luigi Lai e
le sue launeddas e Totore Chessa all’organetto. Andrea Parodi ha
proposto un’esibizione molto originale, in copia con il cantante a
repentina Leonardo Cabitza. La sperimentazione è diventata un
elemento caratteristico del movimento world music isolano: segno di
vitalità e fantasia, che con “Dromos” potrebbe trovare anche
una canalizzazione importante.
La serata condotta dal giornalista Giacomo Serreli, si è sviluppata
davanti a un teatro colmo di gente. La proposta era allettante:
tanti artisti in una volta sola per un concerto tutto acustico che
evocava suggestioni e emozioni di grande effetto. La partenza è
stata buona: la strada, o meglio il Dromos, il passaggio che conduce
alla dimora del suono è ancora lungo. Ma le qualità degli artisti
possono riuscire a portare all’esterno “le memorie musicali che
nell’arco del secoli – come scrive Michele Pio Ledda nel
catalogo – hanno assunto connotazioni sempre più complesse, senza
mai perdere la propria, esclusiva magica.

Al via “Dromos”, le nuove
frontiere della musica etnica
Sabato e domenica la rassegna di Oristano: da Abacada a
TancaRuja, da Luigi Lai a Totore Chessa
LA NUOVA SARDEGNA - Giovedì 9 settembre 1999
Roberto Petretto
Il fiore all’occhiello delle manifestazioni per il Settembre
oristanese: sabato e domenica l’area di via Mariano IV (ore 21,30)
ospiterà “Dromos”, una rassegna che avrà come protagonisti i
migliori artisti di musica etnica della Sardegna. “Dromos” -
spiega Salvatore Corona dell’agenzia Applausi che organizza la
manifestazione – è un percorso che conduce al risveglio della
nostra identità culturale, un viaggio dentro la nostra storia, nel
quale possiamo trovare un patrimonio da conservare e tramandare.
Abbiamo sentito l’urgenza di tale ricerca per contribuire a
conservare e valorizzare la memoria musicale della Sardegna,
espressa dalla voce di prodigiosi interpreti”. La manifestazione
è stata presentata ieri
mattina nel corso di una conferenza stampa in Comune: “Da tempo
– ha detto l’assessore Mauro Solinas – mancava a Oristano un
evento di questo tipo, che riunisce gli artisti che portano la
cultura sarda nel mondo” . “Dromos” è un progetto ambizioso
che vede impegnati in prima linea singoli artisti e gruppi di quel
panorama isolano di musica di qualità che ambisce a ritagliarsi uno
spazio, a uscire dal contesto strettamente sardo senza il marchio
folkloristico, ma semplicemente con la fama di un buon prodotto.
“Dromos” è il corridoio di ingresso delle tombe preistoriche.
“Evoca atmosfere antiche e misteriose – dice ancora Salvatore
Corona – proprio come quelle delle musiche proposte da questi
artisti”. Una porta, una via di accesso ai misteri e alle bellezze
della cultura musicale sarda, ma anche una via verso l’esterno, un
mezzo per comunicare e per esportare messaggi e musica.
“In Sardegna non c’è spazio per chi fa questo tipo di musica
– ha detto Andrea Parodi (Abacada) – a parte qualche rassegna
come questa. Ma ogni artista ha l’ambizione di esprimere il
proprio progetto nella sua interezza. Quest’anno ho suonato più
nella penisola e all’estero che in Sardegna”. Pino Martini (TancaRuja)
ha auspicato che seguendo questa strada si riesca a “esportare un
modello di musica della Sardegna. Una Musica che viene ascoltata
senza chiedersi da dove proviene”. Per Gesuino Deiana (Cordas et
Cannas) c’è l’ambizione di “riuscire a portare una parola
della Sardegna, o duo, o tre, in un ideale dizionario del mondo”.
Nella prima serata di Dromos si esibiranno gli Argia, Cordas et
Cannas, Luigi Lai, Deo Tue e Deus, TancaRuja, Tenores di Orgosolo,
Trio Cocco, Piero Marras, Antonello Salis, Marino De Rosas. Domenica
saranno di scena Abacada, Totore Chessa, Cuncordu Lussurzesu, Elena
Ledda e i Sonos, Enzo Favata Quartet, Tenores di Silanus, Sardus
Pater e Benito Urgu.

Presentata
la manifestazione organizzata da "Applausi" che si svolgerà
sabato e domenica
Dove vivono le memorie del suono
Dromos: la musica sarda antica e nuova in vetrina per due serate a
Oristano
L’Unione Sarda - 8 settembre 1999
Patrizia Mocci
Dromos è un passaggio che conduce alla dimora del suono, dove
vivono le memorie musicali che, con il trascorrere del tempo, hanno
assunto le connotazioni più complesse, senza perdere mai la magia.
È l'immagine suggestiva che accompagna le due serate di musica
etnica della Sardegna, programmate per sabato e domenica prossimi a
partire dalle 21,30 nel parcheggio di via Mariano IV, a Oristano.
Dromos nasce da un'idea di "Applausi", una società
che da quindici anni lavora nel settore della produzione e
organizzazione di spettacoli. Il nome indica il corridoio di
ingresso delle tombe preistoriche, evocando atmosfere misteriose,
proprio come quelle delle musiche proposte dagli artisti di Dromos,
che vanno dal canto a tenores, rappresentato dai tenores di Bitti,
Oliena e Orgosolo, alla world music di Tancaruja e Abacada,
il nuovo progetto culturale di Andrea Parodi; dalla atmosfera delle
feste popolari e dei balli di Cordas et Cannas, Furioas e Totore
Chessa al jazz etnico e alla musica colta di Argia ed Enzo Favata;
dai muttos e disperadas di Elena Ledda e Sonos, fino
agli strumenti e alle tecniche musicali della tradizione, le
launeddas di Luigi Lai e la chitarra di Marino De Rosas, Trio Cocco
e Gesuino Deiana.
«Lo scopo», ha detto Salvatore Corona, di "Applausi",
«è quello di risvegliare l'identità culturale della Sardegna,
attraverso un viaggio che porta in profondità nella nostra storia.
Un modo per contribuire a conservare e valorizzare la memoria
musicale dell'isola espressa dalla voce di tanti interpreti». Che
spesso non hanno lo spazio per esprimersi, come ha sottolineato
Andrea Parodi, cogliendo l'occasione della presentazione di Dromos
per lanciare una invettiva contro il mercato dello spettacolo
nell'isola. «In Sardegna ci sono pochissimi spazi per la musica
etnica e per gli artisti che non fanno la solita festa di piazza. Può
sembrare incredibile, ma quest'anno ho lavorato più nella penisola
e in Europa che in Sardegna, dove spesso si privilegia un prodotto
di consumo ricalcato sui modelli nazionali televisivi e non lascia
spazio agli artisti della world music e dell'area etnica».
L'appuntamento di questo fine settimana, inserito nel programma
degli spettacoli curato dal Comune per il settembre oristanese,
vuole andare oltre i confini della Sardegna; gli organizzatori hanno
infatti spiegato che per le prossime edizioni l'idea è allargare il
panorama ad altre realtà culturali, evidentemente legate a quella
sarda; si vuole coinvolgere la Grecia, la Turchia e la Palestina in
modo da aprire l'orizzonte e creare un'occasione di confronto.
Il programma prevede per la serata di sabato l'esibizione di Argia,
Cordas et Cannas, Luigi Lai, "Deo, Tue e Deus" di Lidia
Murgia, Tanca Ruja, Tenores di Orgosolo, Trio Cocco, Piero Marras,
Antonello Salis e Marino De Rosas; mentre domenica saliranno sul
palco con una scenografia particolare Totore Chessa, Andrea Parodi,
Cuncordu Lussurzesu, Elena Ledda e Sonos, Enzo Favata Quartet,
Tenores di Silanus, Sardus Pater, con Clara Farina e Sinnos, e
Benito Urgu.
Una sorta di vetrina delle musica etnica sarda: non a caso il
festival (che verrà presentato dal giornalista Giacomo Serreli) è
stato preceduto dal progetto di un catalogo che riunisce gli artisti
sardi i quali esprimono e portano per il mondo l'identità del
popolo sardo.

DROMOS – L’ambizioso festival
L’Unione Sarda - 13 settembre 1999
Cristiano Sanna
I più ottimisti si sarebbero aspettati non più
di cinquecento presenti per la prima serata di "Dromos",
ambizioso festival di musica etnica con i più autorevoli
rappresentanti della scena isolana. Invece la due-giorni voluta e
promossa dall'agenzia Applausi ha riscosso un successo superiore a
ogni previsione: oltre duemila persone nella prima serata, in piazza
Mariano IV, a Oristano. Un suggestivo palcoscenico che
"abbracciava" i musicisti come un anfiteatro di telo
colorato e metallo, luci tenui come i profumi della memoria evocata
da suoni che prendevano corpo durante la maratona musicale.
"Dromos" è il nome, misterioso e affascinante, dei pertugi che
portano all'ingresso delle antiche tombe nuragiche. Un corridoio
stretto e angusto che all'improvviso si apre svelando spazi pieni di
suoni atavici e memorie di una terra che conserva e difende
gelosamente la propria identità. Il programma è andato in
crescendo, dall'apertura affidata ai Tenores di Orgosolo ai canti
agricoli e alle sonate per chitarra pizzicata del trio Cocco di
Narbolia, fino alle ardite incursioni nella musica contemporanea di
Antonello Salis (nella foto) , applaudito funambolo tra
fisarmonica e pianoforte.
I desulesi Argia hanno presentato alcuni brani tratti dal loro
recente cd Microcosmi e il virtuoso chitarrista di Olbia
Marino De Rosas ha festeggiato con il pubblico il suo ritorno sulla
scena dopo nove anni dedicati allo studio dello strumento e la
produzione del disco Meridies. Successo anche per
l'esibizione dei Tancaruja, progetto di world music nato
dall'iniziativa del bassista e compositore di Carbonia Pino Martini
(ex Salis 'n' Salis e Stormy Six), con brani come Sona Sonette
e Miniera (tratti dal cd In terra e in chelu) capaci
di fondere i suoni delle radici con soluzioni aperte all'utilizzo di
campionamenti, suoni elettronici e un approccio «globale» alla
musica della memoria.
Una breve incursione nella poesia con i versi di Lidia Murgia di
Bolotana, l'emozionante intermezzo per sola voce e piano affidato
all'estro poetico dell'ospite speciale Piero Marras, quindi la prima
serata di "Dromos" si è chiusa con gli oltre duemila
spettatori in piedi per ballare Nanneddu Meu, Su Dillu
e le composizioni festose di Frontera, nuovo disco degli
acclamati Cordas et Cannas.

Il festival-vetrina della nostra cultura sonora a Oristano
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Cristiano Sanna
terra delle feste di piazza, del liscio simpatia e dei tranquilli
sabati sera in discoteca? Sorprendente ma possibile, anzi, più che
mai possibile dopo la scommessa vinta da Dromos, una media di
oltre 1500 spettatori a sera e in cartellone (quasi) tutto il meglio
della scena locale. Un festival da vivere anche dietro le quinte,
tra una stretta di mano e una sonata estemporanea di organetto,
qualche coltivata indifferenza e divertite session fotografiche
degli artisti pronti a succedersi sul palco. Tra i più stanchi
Andrea Parodi, ex voce dei Tazenda e ora capitano di quella nave
sonora che è Abacada, ancora in attesa del varo definitivo:
«È sempre così in queste manifestazioni-fiume. Arrivi all'una,
aspetti ore per il sound check, poi mangi velocemente e torni sotto
il palco ad attendere il tuo turno. Estenuante ma giusto, ora non
potrei più fare le feste di piazza dove rischierei di incontrare
chi mi chiede di eseguire Spunta la luna dal monte. Il nuovo
progetto ha bisogno di spazi specifici, di qualità. È l'unico modo
per compiere il cammino artistico appena cominciato». Rilassato e
disponibile Pino Martini, leader dei TancaRuja, intento a
passeggiare in mezzo agli "stati generali" della musica
isolana: «Soddisfatti della partecipazione a Dromos?
Senz'altro, la gente ci ha applaudito di cuore e il suono che usciva
dall'impianto era buono, considerando la complessità di certi
arrangiamenti». Come si fa a lavorare con suoni elettronici e
campionamenti, a mischiare sonette e chitarra elettrica senza
tradire le suggestioni millenarie della musica sarda? «Non è
facile, ci vuole molta consapevolezza, a me piace pensare alla
nostra musica come a qualcosa che parte dalla Sardegna e si apre al
mondo. Un approccio che svilupperemo ancora nel nostro prossimo
disco». Una riflessione molto simile a quella di Elena Ledda, voce
dei Sonos: «Il nostro prossimo lavoro sarà all'insegna del viaggio
tra i suoni popolari del Mediterraneo». Un giudizio-lampo sulla due
giorni oristanese? «Positivo, non ci sono dubbi, anzi mi fa piacere
che un'agenzia privata come Applausi decida di diversificare il suo
impegno per promuovere questo cartello di artisti impegnati nella
etnomusica. Mancano spazi per promuovere l'arte. Un problema che
riguarda tutti, rockband come suonatori di ballo sardo». Molto
applaudita la poetessa Clara Farina, artefice del progetto Sardus
pater, per il recupero della poesia in dialetto: «Per vivere,
il verso poetico deve suonare, non essere soffocato tra antologie
letterarie e versioni in prosa. Non a caso il poeta sardo si chiama
"cantore", dunque anche nella scuola bisogna promuovere la
riscoperta della poesia dialettale in modo lirico, creativo».
Felice di essere tornato ai testi in sardo è Piero Marras: «Abbandonare
l'italiano per tornare alla "limba" è stata una
rivincita. Oggi non saprei immaginare il mio lavoro in modo diverso:
pensiamo all'espressione "Babbo mio". In italiano evoca
Pinocchio, in sardo è un invocazione struggente e potente». Chi
non si preoccupa di dare etichette è il vulcanico Antonello Salis:
«Il mio piano e la mia fisarmonica sono nomadi come me, io assorbo
tutti i segnali culturali che incontro nei miei viaggi, nelle
collaborazioni musicali, e li restituisco in modo del tutto
spontaneo quando suono». Parole che fanno il paio con quelle di
Enzo Favata: «Qualcuno mi chiede se la mia è musica sarda. Cosa
rispondere? Io faccio la mia musica, adesso e in Sardegna. E non ho
problemi a coniugarla con altri suoni popolari». Soddisfatto
dell'attenzione del pubblico anche il suonatore di organetto Totore
Chessa: «I giovani si interessano agli strumenti tradizionali, e
anche la gente che ascolta. Meglio adesso che dieci anni fa, quando
si fischiavano i cori a tenore». Altrettanto positivo Enrico
Frongia, chitarrista degli Argia: «In Europa gli artisti sardi sono
acclamati come star, qui troviamo un misto di severità e affetto
che ci spinge a dare il meglio sulla scena». Appunti di viaggio per
una musica che oscilla tra l'orgoglio della propria identità e il
desiderio di confrontarsi col mondo.

DROMOS
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Francesco Pintore
Quando nel 1989 fa Peter Gabriel decise di fondare la Real World
negli ambienti della pop music quelli che sanno sempre tutto liquidarono il
progetto dell'ex cantante dei Genesis come qualcosa di estemporaneo,
destinato a durare poco tempo. Dopo dieci anni i commenti sono
cambiati. La rock star inglese ha avuto ragione. Probabilmente senza
la Real World il mondo non avrebbe potuto apprezzare i vari Youssou
N'Dour, Papa Wemba, Nusrat Fateh Ali Khan, I Musicisti del Nilo e
tanti altri artisti asiatici e africani. Stesso discorso
naturalmente per i Tenores di Bitti, l'unica gruppo italiano entrato
a far parte della prestigiosa etichetta inglese. Nel 1995 la
formazione guidata da Daniele Cossellu ha inciso S'amore 'e mama,
un disco che ha fatto conoscere al mondo il canto a tenore.

Musica etnica?
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Francesco Pintore
La signora Desolina Vacca non sa neanche cos'è e quando sale sul palco
in platea si chiede cosa ci sta a fare Benito Urgu nel cast di
Dromos. Il comico oristanese si presenta con vardetta, muccadore
e baffi. Propone uno dei personaggi più conosciuti del suo vasto
repertorio, sicuramente il più etnico. Fa ridere, naturalmente. Ma
la musica? Arriva anche quella, con un testo sardissimo. Si
intitola Ponte mannu e parla di continuità territoriale. Un
tema caro a Benito, "sardo e sardista" come ama definirsi.
Per qualcuno la sua presenza era fuori luogo, ma alla fine ha avuto
ragione Salvatore Corona. In fondo, il cabarettista oristanese, con
il suo set esilarante ha dato il sorriso a una manifestazione
sicuramente seria che ha proposto il meglio della musica sarda. Alla
fine ha dato forfait soltanto Luigi Lai, ma si è trattato di
un'assenza giustificata da una serie di impegni improvvisi. Per il
resto tutti hanno risposto all'appello dell'agenzia Applausi.
La sorpresa della due giorni oristanese è arrivata sicuramente da Marino
De Rosas che ha proposto alcuni brani del suo ultimo disco. Molto
applaudita anche l'esibizione dei Tanca Ruja così come quella degli
Argia e dei tenores Silanus e Orgosolo. Tanti consensi inoltre per
Su Cuncordu Lussurzesu (a quando il disco?) e per il trio Cocco.
Scontato infine il successo di Antonello Salis, Elena Ledda, Marras,
Cordas et Cannas, Totore Chessa e Andrea Parodi con il suo progetto
Abacada.

Dromos il festival di World music
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Francesco Pintore
Oristano Suona sempre, da sempre. In casa, sul posto di lavoro, dopo i
concerti: ogni occasione è buona per dare sfogo alla sua grande
abilità di chitarrista e a quella voce che canta a s'antiga,
all'antica. È un personaggio davvero curioso zio Antonio Cocco.
Quando scende dal palco di Dromos è felice come una pasqua.
Nel backstage, che per lui è semplicemente in palas de palcu
chiacchiera con tutti. Accende una sigaretta, beve un bicchiere di
vino (poi anche un altro) e parla di musica. A ruota libera,
naturalmente. Zio Antonio ha 71 anni: è l'ultimo suonatore di
chitarra "pizzicata". Il suo modo di arpeggiare è
inconfondibile. «Ho imparato da piccolino - racconta - a Narbolia
c'era un barbiere che mi ha insegnato a suonare». Nel suo paese lo
conoscono tutti. Da anni con i figli Onofrio e Giannetto gira per
palchi e feste patronali. Due chitarre, mandolino, voce e simpatia
da vendere. Ma come tutti i musicisti anche loro ogni tanto
discutono animatamente. «Una questione di gusti e quando
bisticciamo si fa sul serio», dice Onofrio Cocco. Succede anche
nelle migliori famiglie, specialmente quando si confrontano tre
generazioni di musicisti: il patriarca Antonio - fedele alla
tradizione - il figlio Onofrio -- attento osservatore di quello che
gira intorno alla musica etnica moderna - e infine Giannetto,
polistrumentista, arrangiatore e compositore. In soldoni: tre
maniere di intendere la musica che in qualche modo sintetizzano lo
spirito di Dromos, la "due giorni" oristanese dedicata ai
suoni etnici della Sardegna che ha richiamato nel
piazzale-parcheggio di via Mariano quasi quattromila persone
(paganti).
Salvatore Corona, l'impresario "illuminato" ideatore del
festival la sua scommessa l'ha vinta. Voleva "vestire di
nuovo" un ambiente musicale frammentato e difficile, regno di
invidie, di pettegolezzi, ma comunque vivo e vegeto. Ha messo in
piedi un cast con le "star" del sound made in Sardinia
e per due serate la sonnolenta Oristano come d'incanto è diventata
la capitale della musica sarda. Come al solito la macchina
organizzativa dell'agenzia Applausi non ha fatto mancare nulla:
palco gigantesco, amplificazione perfetta, impianto luci e
scenografia degni di un grande happening. Insomma, una vetrina
niente male per decine di gruppi e cantanti più o meno affermati
che cercano di ritagliarsi uno spazio nel "mercato" della
musica, un angolino nel circo variegato dell'etno business.
Ormai la lezione di Peter Gabriel l'hanno capita un po' tutti, dagli
artisti alle multinazionali del disco. «Ma manca ancora la cultura
della produzione, del lavoro di agenzia - commenta Salvatore Corona
- nel settore c'è ancora troppa improvvisazione».
Qualcosa però sembra muoversi. «L'interesse nei confronti della
musica sarda negli ultimi tempi è cresciuto, ma bisogna lavorare
ancora molto». La pensa così Gabriele Salis, uno che di
"mercato" se ne intende. Assieme a un socio gestisce la
Tronos: un'azienda che da poco più di un anno distribuisce dischi e
libri sardi. Conosce librai e negozianti: ci parla ogni giorno. Ma
conosce soprattutto i gusti della gente; ci parla durante i concerti
dove allestisce un piccolo stand che ospita il meglio della
produzione discografica sarda.
Mentre sul palco di Dromos si alternano i gruppi che poi
"vende" sotto forma di cd Gabriele Salis azzarda,
naturalmente con beneficio d'inventario, una sorta di hit parade
isolana.
«Quelli che vendono di più sono sempre i Tazenda - dice -
specialmente Murales. Nessun artista sardo è stato in grado
di vendere quanto il gruppo sassarese». L'elenco continua con i
Tenores di Bitti (i loro dischi sono reperibili in tutto il mondo),
Elena Ledda, Marras, Cordas et Cannas. Insomma, i nomi
"storici".
Tra le produzioni recenti la sorpresa è rappresentata sicuramente
da Marino De Rosas. Meridies, il disco pubblicato dall'Amiata
Records è stato stampato in tremila copie, ma è già pronta la
seconda sfornata. Ristampa in vista anche per Tanca Ruja: la band di
Pino Martini e Beppe Dettori da qualche mese è entrata a far parte
della Cni. Il disco finora ha venduto quattromila copie. Buone
notizia anche per il Trio Argia, in "classifica" con
Microcosmi. «Il genere che vende sempre - aggiunge Gabriele Salis -
è il canto a tenore, gli altri attraversano periodi di crisi».
Tra gli evergreen c'è sempre Organittos di Totore
Chessa, cd prodotto e distribuito dalla Robi Droli di Beppe Greppi,
discografico piemontese che conosce molto bene le potenzialità
della musica sarda. In tempi non sospetti acquistò il master del
primo disco degli Argia dalla Chirac Records (poi fallita) e
altrettanto fece con alcuni titoli dei Tenores di Bitti. Nel suo
catalogo c'è molta Sardegna: Coro Gusana di Gavoi, Sandro Fresi,
Coro Gabriel, Efisio Lara e Antonio Melis. Tutto su cd naturalmente.
Con il disappunto di quelli che ancora cercano il nastro da
ascoltare in macchina. «Sono tantissimi - dice Gabriele Salis - in
molti casi su dieci persone che cercano lo stesso titolo, sette
chiedono la cassetta».
Digitale o analogico? Per i produttori non fa differenza:
l'importante è che si venda e che ci siamo vetrine per esporre il
"prodotto". Dromos potrebbe essere una di queste.
Salvatore Corona, ci spera e giusto per far capire che è contento
della sua "creatura" si lascia andare a qualche
anticipazione sul festival del prossimo anno. Quattrini permettendo,
naturalmente, visto che quest'anno l'unico aiuto è arrivato da
Mauro Solinas, assessore alla cultura del Comune di Oristano. Chissà
che per l'edizione di fine secolo non arrivi anche quello della
Regione. «Noi andiamo avanti», dice il patron della
manifestazione.
Salvatore Corona sogna Dromos aperto a tutti i suoni etnici del
Mediterraneo. Che non si sia ficcato in testa di organizzare un
sorta di Womad a sa sarda? I musicisti ci sperano. I
produttori pure perché gli affari sono affari: nel rock così come
nella world music.

Dromos, la musica sarda vive
WEEK – Da
Mercoledi’ 22 A Martedi’ 28 Settembre 1999
Cristiano Sanna
Quando presentammo lo straordinario catalogo di
artisti compilato dall’agenzia di spettacolo “Applausi”
parlammo senza problemi di “concerto dell’anno”. Sette mesi
dopo, la due-giorni di Oristano ha confermato le prime impressioni.
Circa quattromila persone in
due giorni, i migliori artisti della musica etnica in Sardegna e un
palco-teatro che da solo trasmetteva tutto il fascino del grande
evento. Con questa ricetta il festival ”Dromos” si è ritagliato
uno spazio di assoluto rilievo nel panorama della produzione
musicale isolana. O forse bastava accorgersi di quello che manca,
riempire un vuoto che cominciava a farsi davvero pesante: sta di
fatto che Oristano si candida con autorevolezza a diventare la
capitale della rinascita per il nostro patrimonio etnomusicale. Un
bel passo di qualità per chi era abituato alla sonnolenta ruotine
della provincia campidanese, tra baretti in cui chiacchierare, feste
di piazza a base di liscio e qualche puntata a ballare disco
commerciale il fine settimana. Il cartellone assemblato da Salvatore
Corona, boss dell’Applausi, era di assoluta qualità: Totore
Chessa, Elena Ledda e Sonos, Tancaruja, Andrea Parodi e Abacada,
Piero Marras, Enzo Favata Quartet, Cordas et Cannas, Antonello Salis,
Argia, Tenores di Silanus, Cuncordu Lussurzesu, Tenores di Orgosolo,
Trio Cocco, Marino De Rosas, Lidia Murgia, Sardus Pater e il
siperietto comico dell’ospite Benito Urgu. Che centra la signora
Desolina con un serioso festival di worl music ? Niente ma fa
ridere, la mezz’ora di battute a raffica ha fatto piegare in duo
le centinaia di presenti alla kermesse oristanese. Un programma di
assoluta qualità, lontano dalle scelte facili della musica sarda da
sagra di paese, perfino difficile da seguire per lo sforzo di
concentrazione che chiedeva al pubblico presente. Chi ha accettato
la sfida è stato ricompensato con momenti di grande musica: i
TancaRuja del bassista e compositore di Carbonia Pino Martini hanno
presentato il loro intrigante coktail di campionamenti, suoni
elettronici, impennate rock e suoni della memoria già contenuti nel
disco di esordio “In terra e in chelu” (ristampato in tutto il
territorio nazionale dalla Cni). Stesso discorso per la musica
fesatosa dei Cordas et Cannas che proponevano alcuni classici
tradizionali e le composizioni del disco “Fronteras”, e per
l’alto-sassofonista algherese Enzo Favata con una selezione di
brani da “Islà” e Voyage en Sardegne”. Antonello Salis è
stato il solito fiume in piena, venti minuti di geniali
improvvisazioni tra piano e fisarmonica, mettendo insieme jazz, etno
e musica contemporanea. I desulesi Argia hanno eseguito alcuni pezzi
del loro nuovo disco “Microcosmi”, un impegnativo mix di new age,
accenni etnici e musica d’autore, mentre Elene Ledda ha ricordato
a tutti il fascino dei “Dillus” e delle “Anninnare”, melodie
senza tempo scolpite nella memoria di tutti. Fra i momenti più
emozionanti il pianosolo di Piero Marras che ha cantato l’orgoglio
di ricominciare a scrivere in “limba” in una suggestiva versione
intimista. Applausi a scena aperta per Marino De Rosas, virtuoso
chitarrista algherese che ha inciso di recente “Meridies”,
viaggio nelle mille voci della chitarra sospesa tra pizzicato, new
age, flamenco e ballo sardo. Festa grande con i trascinanti canti
agricoli del Trio Cocco da Narbolia, e molto apprezzato il progetto
“Sardus Pater” coordinato dalla poetessa sassarese Clara Farina,
tentativo originale di recuperare in modo vivo e sonoro la potenza
lirica nei versi dei poeti improvvisatori sardi. Attorno al grande
palcoscenico era possibile visitare lo stand dell’associazione
umanitaria Emergency e acquistare cassette e degli artisti sardi
(disponibili alcune chicche come “Organittos” di Totore Chessa,
una raccolta di sonate per launeddas e antichi canti a chitarra
risalenti addirittura al 1910). Esaltare la creatività locale
mettendo da parte invidie e divisioni, cercare di usare l’orgoglio
dell’identità come valore aggiunto per creare confronti con la
musica popolare del resto del mondo. Ecco la grande scommessa di “Dromos”,
progetto che attende grandi conferme.

Dromos, il cuore della Sardegna
A Oristano un Festival di musica etnica dedicato al suono
dell’isola
COUS COUS - ANNO II, NUMERO 8 - OTTOBRE-NOVEMBRE 1999
Fabrizio Giuffrida
Nel mese di settembre si è svolta a Oristano un’importante
manifestazione che ha visto la partecipazione di molti grandi nomi
dell’odierna scena musicale sarda. Nata per volontà e fede di Salvatore
Corona e Roberto Delogu dell’agenzia
Applausi, Dromos deve il suo nome a un elemento architettonico del
nuraghe: il corridoio che permette di entrare nel cuore della
costruzione. Dromos è quindi la via d’accesso al cuore della
Sardegna, alle ricchezze della sua cultura e della sua musica, ma
anche in senso inverso, una porta aperta verso l’esterno. La
creatura di Corona e Delogu, infatti, non si propone solo di
scattare un’istantanea del panorama musicale odierno nell’isola,
ma intende anche essere un trampolino di lancio per esportare la
musica sarda nel mondo. Se questa prima edizione è stata
interamente dedicata alla Sardegna, già la prossima comprenderà
artisti provenienti da diverse aree del mediterraneo.
La due giorni oristanese ha riscosso un notevole successo di
pubblico, quasi quattromila paganti, grazie anche alla caratura
degli artisti presenti: Tenore
Antonia Mesina di Orgosolo, Trio Cocco, Lidia Murgia, Marino De
Rosas, Argia, Antonello Salis, TancaRuja, Marras, Cordas et Cannas,
Tenores Santa Sarbana di Silanus, Sardus Pater, Totore Chessa, Enzo
Favata Quartet, Su Cuncordu Lussurzesu, Elena Ledda & Sonos,
Benito Urgu , Andrea Parodi.
Le tradizioni dell’isola erano rappresentate dal canto a
tenore, essenzialmente profano e legato all’ambiente pastorale,
dal canto delle confraternite, religioso e legato ai rituali della
settimana santa, e dalla musica per organetto.
Capitanato dalla bella voce di Giovanni
Pira, poeta ad autore di molti dei testi del gruppo, il Tenore
Antonia Mesina di Orgosolo ha proposto tre brani, una boche a sa
seria, una boche a sa lestra e un’anninnia, riscuotendo un
meritato successo.
Su Cuncordu Lussurzesu è invece costituito da quattro giovani che,
dopo il loro apprendistato presso gli anziani della Confraternita
del Rosario, hanno deciso di fondare un gruppo autonomo e diffondere
la conoscenza del patrimonio tradizionale di Santulussurgiu. La loro
esibizione a Dromos è stata molto apprezzata dai presenti, e
aspettiamo una loro prova discografica.
Assoluto fuoriclasse dell’organetto diatonico, Totore Chessa ha
conquistato il pubblico con la sua bravura e la sua comunicativa. A
distanza di anni, e dopo averlo visto dal vivo molte volte, chi
scrive resta ancora stupito dell’energia che questo figlio di
Irgoli è capace di trasmettere semplicemente suonando il proprio
strumento.
Esiste poi in Sardegna una vasta produzione musicale che, sia pure
inserita nel mercato discografico globale, e senza disdegnare
influenze a tratti jazzistiche altrove più marcatamente pop,
mantiene un forte legame con le tradizioni isolane. Andrea Parodi ha
proposto brani del suo Abacada, un progetto musicale di grande spessore nel quale l’ex
voce solista dei Tazenda snoda un percorso fatto di storie, leggende
e ricordi personali.
Gli Olbiesi Cordas et Cannas hanno invece presentato le composizioni
del loro nuovo disco Fronteras,
senza tuttavia dimenticare cavalli di battaglia come “Abba a bula”,
“Nanneddu meu” e “Su testamentu”, spingendo i presenti ad
abbandonare le sedie per riunirsi in un ballo collettivo ai piedi
del palco.
Impressionante l’esibizione di Antonello Salis, jazzista ben noto
anche oltre i confini nazionali, che ha suonato tre brani di
altissima intensità alternando la fisarmonica la pianoforte. A
tratti accarezzandoli, a tratti quasi violentandoli, tra delicatezza
e irruenza, Salis ha esplorato tutte le possibilità timbriche degli
strumenti facendoli cantare , piangere, ridere e urlare e
tratteggiando una geografia della propria passione. Ostico per
alcuni, ma assolutamente imperdibile.
Non è mancata poi una parentesi di cabaret, con il più celebre
comico sardo, Benito Urgu: con gonna e fazzoletto in testa, e i suoi
inconfondibili baffoni neri, ha impersonato uno dei suoi personaggi
favoriti, la signora Desolina Vacca che delirava sulla morte del
marito, deceduto in seguito a overdose da Viagra… Risate fino alle
lacrime e crampi allo stomaco per tutti i presenti e applausi
scroscianti per l’attore oristanese.

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