ANNO 2000

La musica dei popoli
Da sabato a Oristano si tiene Dromos, un grande festival di worl music
LA NUOVA SARDEGNA - Giovedì 7 settembre 2000
Roberto Petretto

E’ la musica dei popoli, è il real worl delle sonorità tradizionali riviste e rivissute in chiave moderna da artisti di tutto il mondo che non sono chiusi nei loro paesi, ma viaggiano, usano i più moderni mezzi della tecnologia, navigano su Internet. E a volte si ritrovano. Accadrà a Oristano, da sabato sino al 12 settembre, in occasione del Festival Dromos. Il festival della musica dei popoli, come hanno voluto battezzarlo gli organizzatori dell’evento, giunto quest’anno alla seconda edizione. E di evento musicale vero e proprio si tratta: Dromos, già al suo secondo anno di vita, “ha raggiunto la maturità” come ha detto l’assessore comunale alla Cultura, Mauro Solinas, durante la conferenza stampa di rappresentazione. “Ma Dromos ha ancora ampi margini di crescita”. Tutti d’accordo con Solinas: da salvatore Corona dell’agenzia Applausi (uno dei padri di Dromos), a Attilio Dedoni dell’assessorato regionale alla Cultura (assente per impegni concomitanti l’assessore Onida), all’assessore provinciale Pier Paolo Pisu.
Dromos in un anno è cresciuto : nel 1999 era un festival fatto esclusivamente da artisti sardi. Quest’anno si è aperto al resto d’Italia e anche a qualche tocco di internazionalità. Nel villaggio globale della musica etnica si salta senza difficoltà dai tenori di Orune a Teresa De Sio, da Elena Ledda e i Sonos alla musica gitana dell’Alexian Group. Ecco quindi il programma delle quattro serate (tre a pagamento e una gratuita): sabato saliranno sul palco Elena Ledda e i Sonos, la romana Lucilla Galeazzi e il campano Massimo Nardi, il toscano Riccardo Tesi, Su Cuncordu Lussurzesu, la scuola di launeddas di Giovanni Casu, l’Alexian Group. Domenica toccherà ai siciliani fratelli Mancuso, ai TancaRuja, al gruppo Nura, composto da artisti salentini, algerini e russi) e al gruppo Para Tres, che unisce esperienze e sonorità sarde (Gesuino Deiana dei Cordas et Cannas), cubane (Cotò) e del Madagascar (Kilema). Lunedì si esibiranno i tenore di Orune, il gruppo Almendra con Andrea Parodi, Bebo Ferra e Gemiliano Cabras, il calabrese Arnaldo Vacca, il campano Rino Zurzolo, Gavino Murgia, Marino Derosas, Francesco Pilu dei Cordas et Cannas. Chiuderà la serata Teresa De Sio con il suo gruppo.
Ultimo appuntamento martedì 11, per un concerto gratuito in piazzetta Corrias: si esibiranno il Pinna guitar Trio e ancora i Para Tres.
L’altra novità di quest’anno è costituita dalle mostre che saranno allestite nella Pinacoteca comunale di via Sant’Antonio (inaugurazione sabato). Si tratta delle mostre fotografiche “Musici Sardi” di Gianfranco Mura  e “Dromos Live” di Federico Figus ma soprattutto della mostra di pittura “Motorini per dissetare gli alberi” di Salvatore Garau, che per la prima volta espone a Oristano alcuni suoi acquarelli.
I concerti di sabato, domenica e lunedì si terranno nel non entusiasmante spazio del parcheggio di via Mariano IV.
Oristano paga ancora una volta la mancanza di strutture idonee ad ospitare eventi di questo genere. Tutti i concerti (anche quello di martedì) cominceranno alle 21,30.
Dromos si inserisce nel programma del Settembre Oristanese, comprende anche spettacoli di cabaret, concerto di bandistici e di gruppi emergenti, spettacoli di burattini, musica folk. Oggi il primo appuntamento con il concerto di Enrico Ruggeri.



Dromos 2000
Bilancio positivo e propositi per la prossima edizione
Un festival che vice e cresce dentro la città
L’Uione Sarda - 07 settembre 2000i
Patrizia Mocci

Un festival dentro la città, fatto di artisti, che popolano la sera con la musica, e di artigiani della tradizione sarda, che rendono vive piazze e strade del centro. Ultime battute di “Dromos 2000”, il festival della musica dei popoli, e già si pensa alla prossima edizione. L’esperimento fatto martedì, coda delle tre serate, sembra dare ragione a questa idea pensata per il prossimo anno: dopo le tre date allestite nel parcheggio di via Mariano IV, la quarta ha trovato spazio nel cuore storico della città, nella piazza Corrias, quasi a tastare il terreno per il futuro. Oltre quattrocento sedie occupate, ma gli organizzatori parlano di oltre cinquecento di spettatori in piedi: sul palco il trio di chitarre di Marco Pinna, seguito dal gruppo “Para Tres”, che riunisce Gesuino Deiana, dei “Cordas et Cannas”, il cubano Cotò e il malgascio Kilema.
«Il festival potrebbe diventare un polo di attrazione per artisti di tutto il mondo», dice Salvatore Corona, della associazione Dromos, «e costituire un appuntamento culturale interessante per la nostra città e per la Sardegna. Già quest’anno abbiamo voluto dislocare una serata nel centro storico, ma l’obiettivo per il prossimo futuro è di coinvolgere tutta la città nella manifestazione, animando ogni piazza del centro con i concerti e le mostre, in modo che la musica e l’arte arrivino là dove è la gente, in un incontro che coinvolga tutti, come succedeva durante le feste del passato. I numeri di questa edizione ci incoraggiano». Tremila spettatori paganti, mille per serata: forse un lieve calo rispetto allo scorso anno, ma anche una riconferma per gli organizzatori, tenuto conto del fatto che si tratta di una proposta singolare, fatta di artisti poco conosciuti ai più. Attraverso “Dromos” si sta facendo, quindi, un lavoro di divulgazione e i primi frutti cominciano a vedersi. Accanto al pubblico “affezionato”, anche molti giovani che si avvicinano alla tradizione.
Aspetti positivi, ma anche qualche neo; riguarda l’organizzazione, in particolare. «I tempi utili per l’allestimento del festival sono stati davvero limitati», dice Corona, «lo abbiamo messo su in venti giorni, con conseguenze facilmente immaginabili, legati alla conferma per la presenza degli artisti. Per questo non siamo riusciti ad avere alcuni, come la maiorchina Maria Del Mar Bonet».
Ancora, il problema degli spazi: in città non c’è poi tanto da scegliere; le alternative avrebbero potuto essere il campo Tharros o Sa rodia. Gli organizzatori hanno preferito il parcheggio di via Mariano IV, compensando l’inadeguatezza dello spazio con una scenografia interessante nella sua semplicità. Per la prossima edizione, si pensa a un palco principale, arricchito da altri dislocati in diverse piazze della città.


Da sabato a martedì a Oristano quattro serate di suoni etnici
Andrea Parodi e Teresa De Sio sono le stelle di Dromos
L’Unione Sarda - 14 settembre 2000
Patrizia Mocci

L’edizione 2000 si propone con due novità. Una riguarda gli artisti, oltre che quelli sardi, sul palco anche alcuni gruppi stranieri. L’altra novità arriva dall’allestimento di tre mostre di pittura e fotografia. Le vie della musica, nel Mediterraneo, seguono strade imprevedibili, non rispettano frontiere o confini, nè te0mpi e modi. Ecco perché quest’anno “Dromos, festival della musica dei popoli”, su una idea della associazione “Dromos”, con il sostegno finanziario di Comune e Provincia di Oristano e Regione, si è arricchito di artisti stranieri che danno alla manifestazione un respiro internazionale. Riflettori accesi per quattro serate di musica etnica, a partire da sabato fino a martedì prossimo: per quanto riguarda le prime tre serate, il palco sarà allestito nel parcheggio di via Mariano IV, mentre per l’ultima troverà spazio nel centro storico oristanese, in piazza Corrias.
La prima serata sarà affidata a Elena Ledda & Sonos, Lucilla Galeazzi e Riccardo Tesi, in arrivo dalla Toscana, e Massimo Nardi, dalla Campania; Su Cuncordu Lussurzesu e la Scuola di launeddas di Giovanni Casu. Un pizzico di delusione per gli amanti della musica maiorchina interpretata da Maria Del Mar Bonet, la cui partecipazione era stata prevista dagli organizzatori e annunciata anche dai manifesti: la cantante spagnola non ci sarà perché trattenuta a Tenerife da altri impegni. Al suo posto, si esibirà “Alexian group”, portavoce della cultura e della musica zigana. Domenica si esibiranno i fratelli Mancuso, dalla Sicilia; Tancaruja; Nura, che proporranno un progetto nato dalla fusione delle culture del Salento, Algeria e Russia; Para tres, tre isole Sardegna, Cuba e Madagascar riunite in un unico repertorio con composizioni originali e arrangiamenti di brani tradizionali delle rispettive isole. Il programma va avanti lunedì con I tenores di Orune; Arnaldo Vacca, dalla Calabria; Almendra, il nuovo progetto di Andrea Parodi che coinvolge Bebo Ferra, Gemiliano Cabras, Rino Zurzolo e Arnaldo Vacca, con ospite speciale Gavino Murgia; Marino De Rosas, Francesco Pilu e Teresa De Sio e il suo gruppo. Cambiamento di scenario per l’ultima serata, il palco verrà allestito in piazza Corrias: una scelta dettata dalla volontà di coinvolgere un’altra zona della città, ma l’obiettivo futuro è di ramificare la manifestazione, animando ogni piazza del centro con i concerti e le mostre, in modo che la musica e l’arte arrivino là dove è la gente. Di scena Pinna guitar trio, e ancora Para tres.
Accanto alla musica, la pittura e la fotografia: il primo piano della Pinacoteca comunale di via Sant’Antonio ospiterà “Musici sardi” la mostra fotografica di Gianfranco Mura, “Dromos live”, mostra fotografica di Federico Figus e “Motorini per dissetare gli alberi”, esposizione di acquerelli inediti di Salvatore Garau; potranno essere visitate a partire da sabato fino al 25 settembre.


Chiacchierata con Teresa De Sio, protagonista della musica popolare
Preferisco i linguaggi della sperimentazione
L’Unione Sarda - 14 settembre 2000.
Francesco Pintore

Quando Salvatore Corona e Roberto Delogu, animatori e inventori di Dromos, l’hanno invitata al festival oristanese lei non ci ha pensato due volte. In fondo Teresa De Sio con la musica popolare ha mosso i primi passi nel mondo delle sette note. Dopo la parentesi pop negli anni Ottanta è ritornata alla musica delle radici, delle sue radici campane. Per Dromos ha preparato un miniset improntato al nuovo percorso musicale intrapreso con la Compania delle Indie, la sua casa discografica.
Con il progetto “La notte del dio che balla” è tornata alle origini, a quando suonava e cantava con Musicanova. Un ritorno alla tarantelle e ai suoni del sud, sia pura in chiave moderna
Sì, le cose stanno così. In fondo i linguaggi della musica popolare a differenza del rock e del pop non sono chiusi. Io preferisco linguaggi misti che offrono maggior possibilità di sperimentazione e di ricerca. In fondo, è cosa risaputa, tantissimi artisti, anche i più grandi nomi del rock hanno iniziato con la musica popolare.
Come vede il fenomeno della musica etnica. È solo una moda?
In parte sì, ma sicuramente ha consentito la nascita di nuove formazioni e di nuove formule musicali interessanti.
Si riferisci alla nuova scena napoletana?
Non soltanto a quella. Anche in altri contesti geografici. La musica popolare rispetto a quanto accadeva negli anni Settanta ha allargato i confini.
E gli anni Ottanta? Come li ricorda?
Per me è stato un bel periodo, ma in generale li ricordo deprimenti. La musica era povera di contenuti e si badava troppo all’estetica.
Come è cambiata la musica italiana?
Sicuramente in meglio, almento per quanto riguarda i nuovi gruppi.
Tra gli artisti napoletani chi apprezza in particolare?
Mi piacciono tanto gli Almamegretta, i 99 posse e i 24 Grana, ma ci sono tante altre formazione che portano avanti discorsi musicali interessanti e originali.
E la nuova Teresa De Sio?
Ho riscoperto il ballo. Lo forza del ballo. Il ritmo è come una medicina.
Dischi in arrivo?
Sì, sto lavorando e credo tra poco entrerò in sala d’incisione. Ma non aggiungere altro.



ANNO 1999

Suoni dall’isola
Nasce “Dromos” progetto di world music
LA NUOVA SARDEGNA - Giovedì 21 gennaio 1999
Walter Porcedda

Dromos. Così si chiama lo stretto passaggio che conduce dentro le domos de janas. Ed è anche il titolo scelto per battezzare un nuovo progetto che punta a mettere assieme, se non tutto, una buona parte dell’ambiente musicale “world” sardo. Per la prima volta unito in un lavoro di organizzazione e di management che punterà, secondo le intenzioni di chi l’ha pensato, Salvatore Corona di Applausi, a rimuovere, prima di tutto nella stessa regione e poi, naturalmente, fuori dall’isola del gruppo ormai consistente di artisti professionisti e no, che operano ormai da tempo producendo musica di qualità. A questo scopo è stato dato alle stampe un’elegante volume di una ventina di pagine contenente fotografie, testi e informazioni sui gruppi musicali. “Materiale che si troverà ben presto – così spiega Salvatore Corona – anche all’interno di un sito Internet, in corso di allestimento”.
Obbiettivo tra gli altri, quello di raggiungere anche le diverse “isole” di sardi all’estero, rappresentati dai numerosi circoli. “Dromos” raccoglie davvero il meglio degli artisti sardi. Da quelli di tradizione classica come il Tenore di Bitti e Monte Corrasi di Oliena, il Coro di Orgosolo, Valenti strumentisti come Luigi Lai, Marino De Rosas, Totore Chessa e Orlando Mascia. E ancora Caterina Cimino di Festa Sarda e il Trio Cocco. Ensemble di grande livello come quello dei Sonos ed Elena Ledda, Voyage en Sardaigne di Enzo Favata. E poi ancora la recente formazione Abacada capitanata dal cantante Andrea Parodi, i TancaRuja – prodotto da Applausi e che da poco hanno appena firmato il contratto per incidere con la prestigiosa Compagnia Nuove Indie – Argia, Calic, Cordas et Cannas, Noe Dies e Abbanegra. Presentazione ufficiale ai primi di febbraio con un concerto “umplugged” al teatro Garau di Oristano, con la partecipazione della maggior parte di questi artisti.


Avanti insieme. Forza Paris
L’Unione Sarda - 21 gennaio 1999
Di Francesco Abate

Lasciate perdere lo sciogliete le righe della Brigata Sassari e provate a buttarvi in un inquadramento fatto di note e pause. Lasciatevi trascinare in un vortice di suoni, scivolando su un tappeto di ritmi ancestrali, quasi una slavina di musica. E allora, eccovi benvenuti a "Dromos", la grande famiglia dei gruppi sardi che suonano la musica dei padri o la rivisitano guardando al nuovo millennio. Tutti insieme in un unico catalogo, un sorta di Real World formato Sardegna, che in questi giorni fa il suo esordio e soprattutto il primo febbraio, al teatro Garau di Oristano, in la collaborazione con l'assessorato alla Cultura del Comune, si presenta al pubblico.
Non più mal unidos, almeno sul pentagramma. Note etniche in arrivo da coste ed entroterra, quelle che Peter Gabriel, fulminato sulla strada del pop dai lamenti del mondo, ha ribattezzato world-music. E la musica della nostra terra fa quadrato. Un unico progetto, stessa sigla, una sola agenzia di vendita che promuove i gruppi, li fa girare di concerto in concerto, di piazza in piazza. Non ci sono tutti, sia ben chiaro. Né tanto meno Dromos è la bibbia della musica in limba. Però ci sono molti di quelli che contano. Il vecchio e il nuovo, i tradizionalisti e i jazzisti. Quelli che amano masticare anche rock e chi strizza l'occhio alle ritmiche africane. Un bel caleidoscopio, quasi un mosaico dai mille colori messo su, lentamente e pazientemente composto dall'agenzia Applausi di Oristano. Stratega del progetto Salvatore Corona, 43 anni. Molti lo avranno visto sudare dietro i palchi dei maggiori concerti pop ospitati dalle nostre parti. Pochi sanno però che ai lustrini da Castrocaro Terme preferisce coltivare una maniacale passione per la letteratura sarda. Basterebbe pensare che il suo primo figlio, lo ha chiamato come il Portolu di Grazia Deledda, Elias. O che il catalogo da lui curato inizia con un bel verso del poeta Pietro Mura: E como, Deus de chelu, a chie canto cust'urtima cantone cana? . E adesso, Dio del Cielo per chi canto questa mia ultima canzone dai capelli grigi?
Suona bene anche se ha un retrogusto malinconico. Come del resto ognuna delle produzioni di Dromos. Quasi che l'esercizio di riportare alla memoria ciò che è passato lasci uno strano languore che solo i suoni della festa possono esorcizzare.
Filosofia fra le note ma anche molto pragmatismo: «Perché questo progetto?», spiega Corona, «perché mi ero stancato di andare, per lavoro, a sentire artisti che con me non hanno nulla a che fare. Mi solleticava l'idea di proporre per la stagione dei grandi concerti una squadra legata dall'amore per la musica sarda». Va bene i grandi miti degli anni '60 da rimettere in pista, la musica pop-rock che in una festa paesana è un po' come il sale. Però spiega Corona ci voleva qualcosa di più. «Ho fatto quello che più mi era congeniale. Non sarei stato in grado né mi avrebbe intrigato lanciare una nuova proposta per Sanremo. Così con il coordinamento di Roberto "Cipo" Delogu e lo staff di Applausi abbiamo cucito l'intreccio di Dromos». Del resto forse questo è il momento più propizio per un'operazione che in altri tempi avrebbe incontrato mille ostacoli. Il rinato interesse verso la musica etnica in generale, ma in particolare verso il suono delle antiche launeddas, il mistero delle voci sardi dei tenores, la voglia di sperimentare alchimie fra i suoni del passato e quelli del presente.
Ora si fa un passo in più e saranno solo gli esiti della stagione estiva per dire se la formula ha dato i risultati sperati: maggiori spazi, più forza e voce. Qui ma anche oltre Tirreno. La prima prova, grazie al Comune di Oristano, al teatro Garau lunedì primo febbario. Ci saranno tutti gli artisti di Dromos per un concerto che difficilmente potrà avere un bis.
Abacada: il nuovo corso di Parodi
Abacada è la canzone-simbolo di tutto lo spettacolo. Andrea Parodi, ex voce dei Tazenda, ha riunito intorno a se un ensemble di musicisti di primo livello: Francesco Sotgiu, Gavino Murgia, Rossella Faa, Gemiliano Cabras. Un progetto che fa rivivere le atmosfere acustiche del Mediterraneo: dalla Grecia alla Turchia passando per l'Africa.
Argia: il "morso" della musica
Enrico Frongia, Alberto Balia e Riccardo Lai con il supporto di Eugenio Lugliè e Paolo Sanna. È la rilettura in chiave moderna delle musiche tradizionali. Un affresco multiforme fatto di grandi virtuosismi.
Calìc: fra sardo e catalano
Sono presenti nel catalogo nel settore della Compagnie Nuove Indye (grosso gruppo di management nazionale). Lo spirito della musica catalana incontra quello delle etnie del Mare nostrum.
Cordas Et Cannas: i prediletti di Gabriel
Peter Gabriel, l'ex Genesis padrino della musica etnica del mondo, ha un debole per Gesuino Deiana, mente del gruppo gallurese. Sarà forse perché la formazione ha saputo tradurre in note moderne gli umori delle grandi feste campestri. Un suono sanguigno approdato in sette lavori discografici e una valanga di concerti in tutto il pianeta. Deiana e Balia sono presenti nel progetto anche con il duo Abbanegra.
Noe Dies: la danza popolare
Un duo: Luciano Loi e Tore Delussu recuperano ciò che resta di un mondo di suoni antichi e ripropongono la danza popolare sulle note dei loro organetti.
Elena Ledda: l'eredità di Suonofficina
Una di quelle rare cantanti che raggiungono la dimensione di interpreti. Elena Ledda e Mauro Palmas: una grande voce per muttos e disperadas più la raffinatezza di un polistrumentista che fu l'anima di Suonofficina. Con loro i Sonos: Silvano Lobina (basso), Alberto Pisu (batteria), Massimo Ferra (chitarra) e Riccardo Tesi, organetto.
Voyage en Sardaigne
Il titolo è preso in prestito dal libro di La Marmora, le musiche sono invece quelle di Enzo Favata e del suo ensemble. Quando lo scorso anno Il Manifesto pubblico il cd omonimo andò a ruba nel giro di poche settimane. Tutto esaurito con una prodotto non certo da superclassifica-show. Un lavoro raffinato che gioca con i suoni delle benas intrecciate con archi e sassofoni.
Tancaruja: il ritorno di Pino Martini
Un ex Stormy Six alla guida di un progetto che lo scorso anno è approdato sul fortunato cd "In Terra e in chelu". Un tributo alla Sardegna dopo tre anni di ricerche negli archivi etnomusicali. La bella voce di Beppe Dettori e un gusto per l'impatto che fu del miglior rock.
Trio Cocco: la tradizione in famiglia
La chitarra pizzicata, antica tecnica musicale comune a tutto il bacino del Mediterraneo, è oggi quasi scomparsa. Quasi, perché Antonio, Onofrio e Giannetto Cocco (padre e figli) la fanno rivivere nelle loro composizioni elaborando in chiave moderna armonie e melodie tradizionali, ritmi di danze paesane e canti sardi.
Furias: launeddas e organetti
Orlando Mascia, profondo conoscitore del patrimonio musicale della sua terra, esegue balli tradizionali con launeddas, sulittu, organettu, trunfa e chitarra. Lo accompagno Paoletto Zicca e Bruno Camedda.
Caterina Cimino: la festa sarda
Una voce gentile canta le poesie del passato, le storie di sempre per chi ha il gusto di riascoltarle all'infinito come le fiabe per i bambini. Con lei Antioco Mattana, Bruno Camedda, Orlando Maxia, Paolo Zicca.
Luigi Lai: l'uomo delle launeddas
Il mito narra che le launeddas nacquero da una ninfa trasformata in canna per sfuggire al dio Pan che per consolarsi usò la canna per suonare. Luigi Lai è uno dei grandi maestri dell'antica arte.
Marino De Rosas: tutte su sei corde
Due lavori discografici, l'ultimo "Meridies" lo scorso hanno, gli ha regalato la definitiva consacrazione di cantante e chitarrista.
Totore Chessa: l'arte nell'organetto
Come un rito sacro, la danza sprigiona una forza capace di vincere la fatica del vivere. Chessa è lo sciamano capace di celebrare questo rito con in mano il suo organetto.
I Tenores: Bitti, Oliena e Orgosolo.
I misteri delle voci sarde in Dromos sono rappresentati da tre gruppi di tenores. Quelli di Bitti hanno conquistato una fama internazionale grazie alle attenzioni di Peter Gabriel. Ma non sono da meno quelli del Monte Corrasi di Oliena e il Coro Orgosolo Antonia Mesina.


“Dromos”, ovvero il concerto dell’anno
WEEK - 3 Febbraio 1999
Cristiano Sanna

Parlare di “Woodstock sarda della musica etnica” può sembrare pacchiano.
Eppure l’evento è tale da meritare qualche sana impennata di entusiasmo: il 1 febbraio i maggiori rappresentanti del patrimonio etnomusicale isolano si incontreranno al teatro Garau di Oristano
L’idea è partita da Salvatore Corona promoter di spettacoli e manager dell’agenzia Applausi. Mettere insieme un grande cast di artisti e creare uno spettacolo itinerante che funzionasse da vetrina definitiva sul presente (e il futuro Prossimo) della musica sarda. Un evento senza precedenti, dato che permette l’incontro fra 17 rappresentanti della musica dei padri. Uno sguardo a 360 gradi sulle note che traducono in musica l’anima di una terra ancestrale, con uguale spazio per la tradizione, la sperimentazione e la melodia. La prima assoluta del concerto-evento è prevista lunedì 1 febbraio al teatro Garau di Oristano. Ma “Dromos” termine in limba che definisce l’apertura d’accesso alle domos de janas) è destinato a trasportare dentro e fuori dall’isola la magia di una musica resa perfetta dal tempo e che tutto il mondo ci invidia. Abbiamo avuto bisogno delle attenzioni di Peter Gabriel e delle produzioni internazionali per rendercene conto, adesso i più lungimiranti si muovono per rappresentare tanta ricchezza culturale e artistica in modo degno.
L’operazione ambiziosa e impegnativa, patrocinata dall’assessorato alla Cultura di Oristano, è anche un’opportunità per dimostrare che i sardi sanno collaborare per esaltare la massimo la loro creatività, sfatando così il luogo comune dell’individualismo masochista. Ed eccoci agli artisti, i veri protagonisti della grande giornata di musica: a cominciare da Abacada, rilettura dei canti tradizionali del Mediterraneo affidata alla voce dell’ex-Tazenda Andrea Parodi, accompagnato da una band di virtuosi. A seguire gli Argia, formazione guidata dal chitarrista Enrico Frongia che interpreta con originalità la nostra tradizione. Gli algheresi Calic intrecciano canti catalani e sonorità malinconiche con il piglio dei cantastorie brasiliani. Il progetto TancaRuja guidato dal bassista compositore Pino Martini (ex Salis e Stormy Six) è da poco approdato alla corte della Compagnia Nuove Indye, una delle più prestigiose etichette discografiche specializzate in world music. Il cd d’esordio “In terra e en chelu”, anche per merito della straordinaria voce di Beppe Dettori, ha bruciato in poco tempo la prima tiratura e ora corre verso la distribuzione nazionale. Un progetto che affronta con piglio energico e moderno la musica popolare sarda. Chi ha bisogno di poche presentazioni sono i Sonos, la formazione raccolta attorno alla mandola di Mauro Palmas e alla voce emozionante di Elena Ledda capace di fondere la ricerca di Suonofficina con la spontaneità dei muttos. Tra i nomi di spicco in “Dromos” ci sono anche i Cordas et Cannas, capaci di incantare Peter Gabriel con la loro musica festosa. Il cuore della Sardegna vibra potente nelle voci dei Tenores di Bitti (disco d’esordio su Real World), di Oliena e Orgosolo.
 L’arte degli strumenti tipici sarà rappresentata dall’organetto di Totore Chessa, le launeddas di Luigi Lai, le danze popolari di Orlando Maxia e i Furias, Le chitarre pizzicate del Trio Cocco e i balli antichi riproposti dai Noe Dies. Sulle ali del successo ottenuto con l’uscita del libro-cd edito dal Manifesto, al concerto parteciperà anche il sassofonista algherese Enzo Favata e l’ensemble di Enzo Favata di “Voyage en Sardaigne”. Sorprese nelle esibizioni di Caterina Cimino, la cui voce canterà fiabe e poesie del passato, e negli arpeggi del virtuoso chitarrista Marini De Rosas. La lista delle partecipazioni è impressionante, di quelle che si preparano per i matrimoni più attesi e importanti. Potete mancare?


E como, Deus de chelu, a chie canto cust'urtima canzone cana? A bentanas apertas a su tempus nobu promissu a Sardigna barandilla de mares e de chelos? Su bentu ghettat boches...
E adesso, Dio del cielo, per chi canto questa mia ultima canzone dai capelli grigi? Alle finestre aperte al tempo nuovo che ci hanno promesso o alla Sardegna ringhiera di mare e di cielo? Il vento sta chiamando...
L’Unione Sarda - 5 febbraio 1999
Antonio Masala

A chi canta questa Sardegna, al vento, a chi? Si interroga Pietro Mura di Isili nella sua splendida poesia, si interrogano i sardi coraggiosamente piazzati nella trincea musicale Sassari. Non passeranno i mistificatori, i falsari in si bemolle: avanti Sardegna. Avanzino i tenores, sulittos e organetti, trunfas e chitarre, launeddas e tamburi. L'altra notte, al Garau di Oristano, è sfilato il meglio della scena musicale etnica della Sardegna. I tenores di Orgosolo, Elena Ledda, il trio Cocco, Andrea Parodi, Leonardo Cabizta 53 anni sui palchi e cinquemila gare a chitarra. Il tutto condensato in una ricca pubblicazione voluta e curata da "Applausi", società oristanese di spettacoli che «ha privilegiato la cultura anziché la cassetta», sottolinea Elena Ledda.
L'hanno chiamata Dromos, qualcosa che riporta alle mente «immagini di stretti cunicoli e fessure», spiega Giacomo Serreli. Umori sonori che risvegliano orecchie pigre e distratte. Al Garau le parole si sono vestite di musica per la gioia di un pubblico in estasi. È la prima volta che nell'Isola viene realizzata una pubblicazione con artisti di grande livello. Eccoli. Andrea Parodi con Abacada, parola magica che nella lingua dei nuraghi significava quiete, pace, traquillità. Argia, una storia musicale variegata come un affresco capace di coinvolgere il grande pubblico. I Cordas et Cannas, capaci di abbracciare in un ideale ballu tundu le culture più diverse con la naturalezza che soltanto i talenti sono capaci di offrire. Elena Ledda, una cantante che ha toccato l'Olimpo dei canti in re, i muttos, sa disisperada. Una voce che fa vibrare i polsi e le vene, capace di stregare. Enzo Favata, viandante in un'Isola antica fra launeddas, sassofoni, strumenti ad arco, benas, trunfas, chitarre e voci a tenores. Un gioco tanto difficile quanto riuscito. I Tancaruja, fra tradizione e libertà dell'innovazione, un gioco sottile fra la musica sarda e tutte le altre musiche.
Ancora: il Trio Cocco di Narbolia, padre e due figli impegnati a conservare la tradizione della chitarra pizzicata, un'antica tecnica musicale comune a tutto il bacino mediterraneo che sarebbe definitivamente scomparsa se padre Antonio non l'avesse gelosamente custodita. I figli Onofrio e Giannetto pizzicano gli strumenti con delicatezza e calore, passione e amore. I Furias, col grande strumentista Orlando Mascia, conoscitore come pochi della musica sarda. L'accompagnano Paoletto Zicca e Bruno Camedda: launeddas, sulittu, organetto e trunfa. Caterina Cimonio e la Festasarda: storie di ieri, fiabe che ti fanno riscoprire il bambino che eri. Un catalogo senza fine: Luigi Lai, il re delle launeddas, un mito, memoria vivente di un patrimonio e di una tradizione senza tempo. Ed ecco i tenores: il coro Orgosolo "Antonia Mesina", i tenores Monte Corrasi di Oliena, i tenores di Bitti "Remunnu e locu". Memorie musicali, un fascino arcano al quale nessuno può sottrarsi.
Al Garau è un'esplosione di musica. Ci sono Gavino Murgia con su solittu, il trio Cocco che intona il ballo, Livio Lai che attacca con le launeddas. Ed Elena Ledda col canto in re, l'organetto di Totore Chessa, i Cordas et Cannas col mitico Nanneddu meu, Enzo Favata, i tenores di Orgosolo a passu e ballu, la chitarra di Mario Derosas, Andrea Paodi che intona uno Stabat mater da brivido: omaggio a Maria Carta. E ancora, i Furias e Caterina Cimino. Ospite d'onore, Leonardo Cabitza, un canto in re che sfonda il tetto del Garau. Piango, imploro e sospiru, invoco invanu sa morte.
«L'obiettivo mi sembra evidente, far conoscere la musica sarda prima di tutto ai sardi e poi dovunque nel mondo. Qualcuno ci ha già risposto in maniera entusiasta. Dobbiamo rilanciare la nostra musica, i tenores che non hanno eguali al mondo. Mi chiedo perché gli inglesi si sono accorti da tempo dei nostri tenores e noi no. Ci piacerebbe portare tutti questi artisti all'Anfiteatro di Cagliari, in piazza d'Italia a Sassari, all'Anfiteatro di Nuoro, in piazza Roma a Oristano. Dovunque, insomma», dice Salvatore Corona, di "Applausi". Un coro di consensi e qualche critica. Leonardo Cabitza: «Purtroppo il sardo non lo parla più nessuno, deve entrare nelle scuole». Luigi Lai: «Questa idea del catalogo è veramente ottima. Ne guadagnerà la cultura sarda». I tenores "Antonia Mesina" di Orgosolo: «Il catalogo è importante, una cosa ben fatta». La questione però è che quasi tutti i paesi hanno i tenores, anche quelli che non ne hanno mai avuto: «Copiano, arraffano le cose degli altri, ma saranno solamente fiammate».
Secondo Elena Ledda «è la prima volta che un'azienda si occupa di tutto questo ben di Dio. Fuori siamo apprezzati, anche qui, ma dobbiamo essere più presenti». Antonino, Onofrio e Giannetto Cocco hanno intonato il trallalleru con Elio, Guccini e Baccini al teatro Ariston di Sanremo, tremila persone... «Eccezionale», dicono: «Finalmente qualche soddisfazione dopo aver a lungo lottato per difendere la musica originale sarda». Andrea Parodi aggiunge: «Siamo quasi al marchio doc della musica sarda. Questo significa salvare le tradizioni, dentro il catalogo c'è chi parte dalle origini per proiettarsi nel mondo». La Sardegna che canta, quella vera che non molla. Dromosapre una finestra. In musica, ancora più bella.


Mercoledì a Oristano “Dromos”, concerto della migliore world music sarda
La “Porta dei suoni”
Dai tenores di Orgosolo a Favata, Ledda e Parodi
LA NUOVA SARDEGNA – Venerdì 5 febbraio 1999
Roberto Petretto

Quando la musica non è solo svago e divertimento. Quando la musica dimostra di essere parte della società da cui nasce, di condividerne le gioie e i drammi. Il Coro do Orgosolo “Antonia Mesina” non si è sottratto al ruolo di “veicolo” per la diffusione di un messaggio positivo in uno dei momenti più tristi che il centro Barbagia ha vissuto in tempi recenti con l’omicidio di don Giovanni Muntoni. Per ricordare il sacerdote ucciso il coro ha composto un canto a tenore. Un messaggio contro la violenza che ha risuonato nel teatro “Antonio Garau” mercoledì sera durante il concerto organizzato dall’Agenzia Applausi per la presentazione di “Dromos”. “Dromos” è un catalogo che illustra l’attività di alcuni tra i migliori artisti della scena musicale etnica mediterranea e in particolare della Sardegna. Ma “Dromos è anche un progetto ambizioso, che vuole dare una dimensione organica a un universo vivace, energico e tumultuoso ma troppo spesso affidato ad iniziative sporadiche e non sempre coordinate. Per presentare il catalogo, realizzato dall’agenzia Adwm di Oristano e l’iniziativa nel suo complesso era necessario creare un “evento”. E l’appuntamento del “Garau” lo è stato perché ha messo insieme le migliori espressioni della musica etnica sarda. L’esibizione del Coro di Orgosolo è stato uno dei momenti più belli della serata, proprio per i significati legati al canto a tenores. Ma non sono mancati altri momenti di grande efficacia. Sul palco si sono alternati Elena Ledda, Enzo Favata, Caterina Cimino, il Trio Cocco, i Tancaruja e l’inossidabile Pino Martini. Spazio anche per gli interpreti della tradizione classica come Luigi Lai e le sue launeddas e Totore Chessa all’organetto. Andrea Parodi ha proposto un’esibizione molto originale, in copia con il cantante a repentina Leonardo Cabitza. La sperimentazione è diventata un elemento caratteristico del movimento world music isolano: segno di vitalità e fantasia, che con “Dromos” potrebbe trovare anche una canalizzazione importante.
La serata condotta dal giornalista Giacomo Serreli, si è sviluppata davanti a un teatro colmo di gente. La proposta era allettante: tanti artisti in una volta sola per un concerto tutto acustico che evocava suggestioni e emozioni di grande effetto. La partenza è stata buona: la strada, o meglio il Dromos, il passaggio che conduce alla dimora del suono è ancora lungo. Ma le qualità degli artisti possono riuscire a portare all’esterno “le memorie musicali che nell’arco del secoli – come scrive Michele Pio Ledda nel catalogo – hanno assunto connotazioni sempre più complesse, senza mai perdere la propria, esclusiva magica.


Al via “Dromos”, le nuove frontiere della musica etnica
Sabato e domenica la rassegna di Oristano: da Abacada a TancaRuja, da Luigi Lai a Totore Chessa
LA NUOVA SARDEGNA - Giovedì 9 settembre 1999
Roberto Petretto

Il fiore all’occhiello delle manifestazioni per il Settembre oristanese: sabato e domenica l’area di via Mariano IV (ore 21,30) ospiterà “Dromos”, una rassegna che avrà come protagonisti i migliori artisti di musica etnica della Sardegna. “Dromos” - spiega Salvatore Corona dell’agenzia Applausi che organizza la manifestazione – è un percorso che conduce al risveglio della nostra identità culturale, un viaggio dentro la nostra storia, nel quale possiamo trovare un patrimonio da conservare e tramandare. Abbiamo sentito l’urgenza di tale ricerca per contribuire a conservare e valorizzare la memoria musicale della Sardegna, espressa dalla voce di prodigiosi interpreti”. La manifestazione è stata presentata  ieri mattina nel corso di una conferenza stampa in Comune: “Da tempo – ha detto l’assessore Mauro Solinas – mancava a Oristano un evento di questo tipo, che riunisce gli artisti che portano la cultura sarda nel mondo” . “Dromos” è un progetto ambizioso che vede impegnati in prima linea singoli artisti e gruppi di quel panorama isolano di musica di qualità che ambisce a ritagliarsi uno spazio, a uscire dal contesto strettamente sardo senza il marchio folkloristico, ma semplicemente con la fama di un buon prodotto.
“Dromos” è il corridoio di ingresso delle tombe preistoriche. “Evoca atmosfere antiche e misteriose – dice ancora Salvatore Corona – proprio come quelle delle musiche proposte da questi artisti”. Una porta, una via di accesso ai misteri e alle bellezze della cultura musicale sarda, ma anche una via verso l’esterno, un mezzo per comunicare e per esportare messaggi e musica.
“In Sardegna non c’è spazio per chi fa questo tipo di musica – ha detto Andrea Parodi (Abacada) – a parte qualche rassegna come questa. Ma ogni artista ha l’ambizione di esprimere il proprio progetto nella sua interezza. Quest’anno ho suonato più nella penisola e all’estero che in Sardegna”. Pino Martini (TancaRuja) ha auspicato che seguendo questa strada si riesca a “esportare un modello di musica della Sardegna. Una Musica che viene ascoltata senza chiedersi da dove proviene”. Per Gesuino Deiana (Cordas et Cannas) c’è l’ambizione di “riuscire a portare una parola della Sardegna, o duo, o tre, in un ideale dizionario del mondo”.
Nella prima serata di Dromos si esibiranno gli Argia, Cordas et Cannas, Luigi Lai, Deo Tue e Deus, TancaRuja, Tenores di Orgosolo, Trio Cocco, Piero Marras, Antonello Salis, Marino De Rosas. Domenica saranno di scena Abacada, Totore Chessa, Cuncordu Lussurzesu, Elena Ledda e i Sonos, Enzo Favata Quartet, Tenores di Silanus, Sardus Pater e Benito Urgu.


Presentata la manifestazione organizzata da "Applausi" che si svolgerà sabato e domenica
Dove vivono le memorie del suono
Dromos: la musica sarda antica e nuova in vetrina per due serate a Oristano
L’Unione Sarda - 8 settembre 1999
Patrizia Mocci

Dromos
è un passaggio che conduce alla dimora del suono, dove vivono le memorie musicali che, con il trascorrere del tempo, hanno assunto le connotazioni più complesse, senza perdere mai la magia. È l'immagine suggestiva che accompagna le due serate di musica etnica della Sardegna, programmate per sabato e domenica prossimi a partire dalle 21,30 nel parcheggio di via Mariano IV, a Oristano.
Dromos nasce da un'idea di "Applausi", una società che da quindici anni lavora nel settore della produzione e organizzazione di spettacoli. Il nome indica il corridoio di ingresso delle tombe preistoriche, evocando atmosfere misteriose, proprio come quelle delle musiche proposte dagli artisti di Dromos, che vanno dal canto a tenores, rappresentato dai tenores di Bitti, Oliena e Orgosolo, alla world music di Tancaruja e Abacada, il nuovo progetto culturale di Andrea Parodi; dalla atmosfera delle feste popolari e dei balli di Cordas et Cannas, Furioas e Totore Chessa al jazz etnico e alla musica colta di Argia ed Enzo Favata; dai muttos e disperadas di Elena Ledda e Sonos, fino agli strumenti e alle tecniche musicali della tradizione, le launeddas di Luigi Lai e la chitarra di Marino De Rosas, Trio Cocco e Gesuino Deiana.
«Lo scopo», ha detto Salvatore Corona, di "Applausi", «è quello di risvegliare l'identità culturale della Sardegna, attraverso un viaggio che porta in profondità nella nostra storia. Un modo per contribuire a conservare e valorizzare la memoria musicale dell'isola espressa dalla voce di tanti interpreti». Che spesso non hanno lo spazio per esprimersi, come ha sottolineato Andrea Parodi, cogliendo l'occasione della presentazione di Dromos per lanciare una invettiva contro il mercato dello spettacolo nell'isola. «In Sardegna ci sono pochissimi spazi per la musica etnica e per gli artisti che non fanno la solita festa di piazza. Può sembrare incredibile, ma quest'anno ho lavorato più nella penisola e in Europa che in Sardegna, dove spesso si privilegia un prodotto di consumo ricalcato sui modelli nazionali televisivi e non lascia spazio agli artisti della world music e dell'area etnica».
L'appuntamento di questo fine settimana, inserito nel programma degli spettacoli curato dal Comune per il settembre oristanese, vuole andare oltre i confini della Sardegna; gli organizzatori hanno infatti spiegato che per le prossime edizioni l'idea è allargare il panorama ad altre realtà culturali, evidentemente legate a quella sarda; si vuole coinvolgere la Grecia, la Turchia e la Palestina in modo da aprire l'orizzonte e creare un'occasione di confronto.
Il programma prevede per la serata di sabato l'esibizione di Argia, Cordas et Cannas, Luigi Lai, "Deo, Tue e Deus" di Lidia Murgia, Tanca Ruja, Tenores di Orgosolo, Trio Cocco, Piero Marras, Antonello Salis e Marino De Rosas; mentre domenica saliranno sul palco con una scenografia particolare Totore Chessa, Andrea Parodi, Cuncordu Lussurzesu, Elena Ledda e Sonos, Enzo Favata Quartet, Tenores di Silanus, Sardus Pater, con Clara Farina e Sinnos, e Benito Urgu.
Una sorta di vetrina delle musica etnica sarda: non a caso il festival (che verrà presentato dal giornalista Giacomo Serreli) è stato preceduto dal progetto di un catalogo che riunisce gli artisti sardi i quali esprimono e portano per il mondo l'identità del popolo sardo.


DROMOS – L’ambizioso festival
L’Unione Sarda - 13 settembre 1999
Cristiano Sanna

I più ottimisti si sarebbero aspettati non più di cinquecento presenti per la prima serata di "Dromos", ambizioso festival di musica etnica con i più autorevoli rappresentanti della scena isolana. Invece la due-giorni voluta e promossa dall'agenzia Applausi ha riscosso un successo superiore a ogni previsione: oltre duemila persone nella prima serata, in piazza Mariano IV, a Oristano. Un suggestivo palcoscenico che "abbracciava" i musicisti come un anfiteatro di telo colorato e metallo, luci tenui come i profumi della memoria evocata da suoni che prendevano corpo durante la maratona musicale.
"Dromos" è il nome, misterioso e affascinante, dei pertugi che portano all'ingresso delle antiche tombe nuragiche. Un corridoio stretto e angusto che all'improvviso si apre svelando spazi pieni di suoni atavici e memorie di una terra che conserva e difende gelosamente la propria identità. Il programma è andato in crescendo, dall'apertura affidata ai Tenores di Orgosolo ai canti agricoli e alle sonate per chitarra pizzicata del trio Cocco di Narbolia, fino alle ardite incursioni nella musica contemporanea di Antonello Salis (nella foto) , applaudito funambolo tra fisarmonica e pianoforte.
I desulesi Argia hanno presentato alcuni brani tratti dal loro recente cd Microcosmi e il virtuoso chitarrista di Olbia Marino De Rosas ha festeggiato con il pubblico il suo ritorno sulla scena dopo nove anni dedicati allo studio dello strumento e la produzione del disco Meridies. Successo anche per l'esibizione dei Tancaruja, progetto di world music nato dall'iniziativa del bassista e compositore di Carbonia Pino Martini (ex Salis 'n' Salis e Stormy Six), con brani come Sona Sonette e Miniera (tratti dal cd In terra e in chelu) capaci di fondere i suoni delle radici con soluzioni aperte all'utilizzo di campionamenti, suoni elettronici e un approccio «globale» alla musica della memoria.
Una breve incursione nella poesia con i versi di Lidia Murgia di Bolotana, l'emozionante intermezzo per sola voce e piano affidato all'estro poetico dell'ospite speciale Piero Marras, quindi la prima serata di "Dromos" si è chiusa con gli oltre duemila spettatori in piedi per ballare Nanneddu Meu, Su Dillu e le composizioni festose di Frontera, nuovo disco degli acclamati Cordas et Cannas.


Il festival-vetrina della nostra cultura sonora a Oristano
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Cristiano Sanna

terra delle feste di piazza, del liscio simpatia e dei tranquilli sabati sera in discoteca? Sorprendente ma possibile, anzi, più che mai possibile dopo la scommessa vinta da Dromos, una media di oltre 1500 spettatori a sera e in cartellone (quasi) tutto il meglio della scena locale. Un festival da vivere anche dietro le quinte, tra una stretta di mano e una sonata estemporanea di organetto, qualche coltivata indifferenza e divertite session fotografiche degli artisti pronti a succedersi sul palco. Tra i più stanchi Andrea Parodi, ex voce dei Tazenda e ora capitano di quella nave sonora che è Abacada, ancora in attesa del varo definitivo: «È sempre così in queste manifestazioni-fiume. Arrivi all'una, aspetti ore per il sound check, poi mangi velocemente e torni sotto il palco ad attendere il tuo turno. Estenuante ma giusto, ora non potrei più fare le feste di piazza dove rischierei di incontrare chi mi chiede di eseguire Spunta la luna dal monte. Il nuovo progetto ha bisogno di spazi specifici, di qualità. È l'unico modo per compiere il cammino artistico appena cominciato». Rilassato e disponibile Pino Martini, leader dei TancaRuja, intento a passeggiare in mezzo agli "stati generali" della musica isolana: «Soddisfatti della partecipazione a Dromos? Senz'altro, la gente ci ha applaudito di cuore e il suono che usciva dall'impianto era buono, considerando la complessità di certi arrangiamenti». Come si fa a lavorare con suoni elettronici e campionamenti, a mischiare sonette e chitarra elettrica senza tradire le suggestioni millenarie della musica sarda? «Non è facile, ci vuole molta consapevolezza, a me piace pensare alla nostra musica come a qualcosa che parte dalla Sardegna e si apre al mondo. Un approccio che svilupperemo ancora nel nostro prossimo disco». Una riflessione molto simile a quella di Elena Ledda, voce dei Sonos: «Il nostro prossimo lavoro sarà all'insegna del viaggio tra i suoni popolari del Mediterraneo». Un giudizio-lampo sulla due giorni oristanese? «Positivo, non ci sono dubbi, anzi mi fa piacere che un'agenzia privata come Applausi decida di diversificare il suo impegno per promuovere questo cartello di artisti impegnati nella etnomusica. Mancano spazi per promuovere l'arte. Un problema che riguarda tutti, rockband come suonatori di ballo sardo». Molto applaudita la poetessa Clara Farina, artefice del progetto Sardus pater, per il recupero della poesia in dialetto: «Per vivere, il verso poetico deve suonare, non essere soffocato tra antologie letterarie e versioni in prosa. Non a caso il poeta sardo si chiama "cantore", dunque anche nella scuola bisogna promuovere la riscoperta della poesia dialettale in modo lirico, creativo». Felice di essere tornato ai testi in sardo è Piero Marras: «Abbandonare l'italiano per tornare alla "limba" è stata una rivincita. Oggi non saprei immaginare il mio lavoro in modo diverso: pensiamo all'espressione "Babbo mio". In italiano evoca Pinocchio, in sardo è un invocazione struggente e potente». Chi non si preoccupa di dare etichette è il vulcanico Antonello Salis: «Il mio piano e la mia fisarmonica sono nomadi come me, io assorbo tutti i segnali culturali che incontro nei miei viaggi, nelle collaborazioni musicali, e li restituisco in modo del tutto spontaneo quando suono». Parole che fanno il paio con quelle di Enzo Favata: «Qualcuno mi chiede se la mia è musica sarda. Cosa rispondere? Io faccio la mia musica, adesso e in Sardegna. E non ho problemi a coniugarla con altri suoni popolari». Soddisfatto dell'attenzione del pubblico anche il suonatore di organetto Totore Chessa: «I giovani si interessano agli strumenti tradizionali, e anche la gente che ascolta. Meglio adesso che dieci anni fa, quando si fischiavano i cori a tenore». Altrettanto positivo Enrico Frongia, chitarrista degli Argia: «In Europa gli artisti sardi sono acclamati come star, qui troviamo un misto di severità e affetto che ci spinge a dare il meglio sulla scena». Appunti di viaggio per una musica che oscilla tra l'orgoglio della propria identità e il desiderio di confrontarsi col mondo.


DROMOS
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Francesco Pintore

Quando nel 1989 fa Peter Gabriel decise di fondare la Real World negli ambienti della
pop music quelli che sanno sempre tutto liquidarono il progetto dell'ex cantante dei Genesis come qualcosa di estemporaneo, destinato a durare poco tempo. Dopo dieci anni i commenti sono cambiati. La rock star inglese ha avuto ragione. Probabilmente senza la Real World il mondo non avrebbe potuto apprezzare i vari Youssou N'Dour, Papa Wemba, Nusrat Fateh Ali Khan, I Musicisti del Nilo e tanti altri artisti asiatici e africani. Stesso discorso naturalmente per i Tenores di Bitti, l'unica gruppo italiano entrato a far parte della prestigiosa etichetta inglese. Nel 1995 la formazione guidata da Daniele Cossellu ha inciso S'amore 'e mama, un disco che ha fatto conoscere al mondo il canto a tenore.


Musica etnica?
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Francesco Pintore

La signora Desolina Vacca non sa neanche cos'
è e quando sale sul palco in platea si chiede cosa ci sta a fare Benito Urgu nel cast di Dromos. Il comico oristanese si presenta con vardetta, muccadore e baffi. Propone uno dei personaggi più conosciuti del suo vasto repertorio, sicuramente il più etnico. Fa ridere, naturalmente. Ma la musica? Arriva anche quella, con un testo sardissimo. Si intitola Ponte mannu e parla di continuità territoriale. Un tema caro a Benito, "sardo e sardista" come ama definirsi. Per qualcuno la sua presenza era fuori luogo, ma alla fine ha avuto ragione Salvatore Corona. In fondo, il cabarettista oristanese, con il suo set esilarante ha dato il sorriso a una manifestazione sicuramente seria che ha proposto il meglio della musica sarda. Alla fine ha dato forfait soltanto Luigi Lai, ma si è trattato di un'assenza giustificata da una serie di impegni improvvisi. Per il resto tutti hanno risposto all'appello dell'agenzia Applausi.
La sorpresa della due giorni oristanese è arrivata sicuramente da Marino De Rosas che ha proposto alcuni brani del suo ultimo disco. Molto applaudita anche l'esibizione dei Tanca Ruja così come quella degli Argia e dei tenores Silanus e Orgosolo. Tanti consensi inoltre per Su Cuncordu Lussurzesu (a quando il disco?) e per il trio Cocco. Scontato infine il successo di Antonello Salis, Elena Ledda, Marras, Cordas et Cannas, Totore Chessa e Andrea Parodi con il suo progetto Abacada.


Dromos il festival di World music
L’Unione Sarda - 14 settembre 1999
Francesco Pintore

Oristano Suona sempre, da sempre. In casa, sul posto di lavoro, dopo i concerti: ogni occasione è buona per dare sfogo alla sua grande abilità di chitarrista e a quella voce che canta a s'antiga, all'antica. È un personaggio davvero curioso zio Antonio Cocco. Quando scende dal palco di Dromos è felice come una pasqua. Nel backstage, che per lui è semplicemente in palas de palcu chiacchiera con tutti. Accende una sigaretta, beve un bicchiere di vino (poi anche un altro) e parla di musica. A ruota libera, naturalmente. Zio Antonio ha 71 anni: è l'ultimo suonatore di chitarra "pizzicata". Il suo modo di arpeggiare è inconfondibile. «Ho imparato da piccolino - racconta - a Narbolia c'era un barbiere che mi ha insegnato a suonare». Nel suo paese lo conoscono tutti. Da anni con i figli Onofrio e Giannetto gira per palchi e feste patronali. Due chitarre, mandolino, voce e simpatia da vendere. Ma come tutti i musicisti anche loro ogni tanto discutono animatamente. «Una questione di gusti e quando bisticciamo si fa sul serio», dice Onofrio Cocco. Succede anche nelle migliori famiglie, specialmente quando si confrontano tre generazioni di musicisti: il patriarca Antonio - fedele alla tradizione - il figlio Onofrio -- attento osservatore di quello che gira intorno alla musica etnica moderna - e infine Giannetto, polistrumentista, arrangiatore e compositore. In soldoni: tre maniere di intendere la musica che in qualche modo sintetizzano lo spirito di Dromos, la "due giorni" oristanese dedicata ai suoni etnici della Sardegna che ha richiamato nel piazzale-parcheggio di via Mariano quasi quattromila persone (paganti).
Salvatore Corona, l'impresario "illuminato" ideatore del festival la sua scommessa l'ha vinta. Voleva "vestire di nuovo" un ambiente musicale frammentato e difficile, regno di invidie, di pettegolezzi, ma comunque vivo e vegeto. Ha messo in piedi un cast con le "star" del sound made in Sardinia e per due serate la sonnolenta Oristano come d'incanto è diventata la capitale della musica sarda. Come al solito la macchina organizzativa dell'agenzia Applausi non ha fatto mancare nulla: palco gigantesco, amplificazione perfetta, impianto luci e scenografia degni di un grande happening. Insomma, una vetrina niente male per decine di gruppi e cantanti più o meno affermati che cercano di ritagliarsi uno spazio nel "mercato" della musica, un angolino nel circo variegato dell'etno business. Ormai la lezione di Peter Gabriel l'hanno capita un po' tutti, dagli artisti alle multinazionali del disco. «Ma manca ancora la cultura della produzione, del lavoro di agenzia - commenta Salvatore Corona - nel settore c'è ancora troppa improvvisazione».
Qualcosa però sembra muoversi. «L'interesse nei confronti della musica sarda negli ultimi tempi è cresciuto, ma bisogna lavorare ancora molto». La pensa così Gabriele Salis, uno che di "mercato" se ne intende. Assieme a un socio gestisce la Tronos: un'azienda che da poco più di un anno distribuisce dischi e libri sardi. Conosce librai e negozianti: ci parla ogni giorno. Ma conosce soprattutto i gusti della gente; ci parla durante i concerti dove allestisce un piccolo stand che ospita il meglio della produzione discografica sarda.
Mentre sul palco di Dromos si alternano i gruppi che poi "vende" sotto forma di cd Gabriele Salis azzarda, naturalmente con beneficio d'inventario, una sorta di hit parade isolana.
«Quelli che vendono di più sono sempre i Tazenda - dice - specialmente Murales. Nessun artista sardo è stato in grado di vendere quanto il gruppo sassarese». L'elenco continua con i Tenores di Bitti (i loro dischi sono reperibili in tutto il mondo), Elena Ledda, Marras, Cordas et Cannas. Insomma, i nomi "storici".
Tra le produzioni recenti la sorpresa è rappresentata sicuramente da Marino De Rosas. Meridies, il disco pubblicato dall'Amiata Records è stato stampato in tremila copie, ma è già pronta la seconda sfornata. Ristampa in vista anche per Tanca Ruja: la band di Pino Martini e Beppe Dettori da qualche mese è entrata a far parte della Cni. Il disco finora ha venduto quattromila copie. Buone notizia anche per il Trio Argia, in "classifica" con Microcosmi. «Il genere che vende sempre - aggiunge Gabriele Salis - è il canto a tenore, gli altri attraversano periodi di crisi».
Tra gli evergreen c'è sempre Organittos di Totore Chessa, cd prodotto e distribuito dalla Robi Droli di Beppe Greppi, discografico piemontese che conosce molto bene le potenzialità della musica sarda. In tempi non sospetti acquistò il master del primo disco degli Argia dalla Chirac Records (poi fallita) e altrettanto fece con alcuni titoli dei Tenores di Bitti. Nel suo catalogo c'è molta Sardegna: Coro Gusana di Gavoi, Sandro Fresi, Coro Gabriel, Efisio Lara e Antonio Melis. Tutto su cd naturalmente. Con il disappunto di quelli che ancora cercano il nastro da ascoltare in macchina. «Sono tantissimi - dice Gabriele Salis - in molti casi su dieci persone che cercano lo stesso titolo, sette chiedono la cassetta».
Digitale o analogico? Per i produttori non fa differenza: l'importante è che si venda e che ci siamo vetrine per esporre il "prodotto". Dromos potrebbe essere una di queste. Salvatore Corona, ci spera e giusto per far capire che è contento della sua "creatura" si lascia andare a qualche anticipazione sul festival del prossimo anno. Quattrini permettendo, naturalmente, visto che quest'anno l'unico aiuto è arrivato da Mauro Solinas, assessore alla cultura del Comune di Oristano. Chissà che per l'edizione di fine secolo non arrivi anche quello della Regione. «Noi andiamo avanti», dice il patron della manifestazione.
Salvatore Corona sogna Dromos aperto a tutti i suoni etnici del Mediterraneo. Che non si sia ficcato in testa di organizzare un sorta di Womad a sa sarda? I musicisti ci sperano. I produttori pure perché gli affari sono affari: nel rock così come nella world music.


Dromos, la musica sarda vive
WEEK – Da Mercoledi’ 22 A Martedi’ 28 Settembre 1999
Cristiano Sanna


Quando presentammo lo straordinario catalogo di artisti compilato dall’agenzia di spettacolo “Applausi” parlammo senza problemi di “concerto dell’anno”. Sette mesi dopo, la due-giorni di Oristano ha confermato le prime impressioni.
Circa quattromila persone in due giorni, i migliori artisti della musica etnica in Sardegna e un palco-teatro che da solo trasmetteva tutto il fascino del grande evento. Con questa ricetta il festival ”Dromos” si è ritagliato uno spazio di assoluto rilievo nel panorama della produzione musicale isolana. O forse bastava accorgersi di quello che manca, riempire un vuoto che cominciava a farsi davvero pesante: sta di fatto che Oristano si candida con autorevolezza a diventare la capitale della rinascita per il nostro patrimonio etnomusicale. Un bel passo di qualità per chi era abituato alla sonnolenta ruotine della provincia campidanese, tra baretti in cui chiacchierare, feste di piazza a base di liscio e qualche puntata a ballare disco commerciale il fine settimana. Il cartellone assemblato da Salvatore Corona, boss dell’Applausi, era di assoluta qualità: Totore Chessa, Elena Ledda e Sonos, Tancaruja, Andrea Parodi e Abacada, Piero Marras, Enzo Favata Quartet, Cordas et Cannas, Antonello Salis, Argia, Tenores di Silanus, Cuncordu Lussurzesu, Tenores di Orgosolo, Trio Cocco, Marino De Rosas, Lidia Murgia, Sardus Pater e il siperietto comico dell’ospite Benito Urgu. Che centra la signora Desolina con un serioso festival di worl music ? Niente ma fa ridere, la mezz’ora di battute a raffica ha fatto piegare in duo le centinaia di presenti alla kermesse oristanese. Un programma di assoluta qualità, lontano dalle scelte facili della musica sarda da sagra di paese, perfino difficile da seguire per lo sforzo di concentrazione che chiedeva al pubblico presente. Chi ha accettato la sfida è stato ricompensato con momenti di grande musica: i TancaRuja del bassista e compositore di Carbonia Pino Martini hanno presentato il loro intrigante coktail di campionamenti, suoni elettronici, impennate rock e suoni della memoria già contenuti nel disco di esordio “In terra e in chelu” (ristampato in tutto il territorio nazionale dalla Cni). Stesso discorso per la musica fesatosa dei Cordas et Cannas che proponevano alcuni classici tradizionali e le composizioni del disco “Fronteras”, e per l’alto-sassofonista algherese Enzo Favata con una selezione di brani da “Islà” e Voyage en Sardegne”. Antonello Salis è stato il solito fiume in piena, venti minuti di geniali improvvisazioni tra piano e fisarmonica, mettendo insieme jazz, etno e musica contemporanea. I desulesi Argia hanno eseguito alcuni pezzi del loro nuovo disco “Microcosmi”, un impegnativo mix di new age, accenni etnici e musica d’autore, mentre Elene Ledda ha ricordato a tutti il fascino dei “Dillus” e delle “Anninnare”, melodie senza tempo scolpite nella memoria di tutti. Fra i momenti più emozionanti il pianosolo di Piero Marras che ha cantato l’orgoglio di ricominciare a scrivere in “limba” in una suggestiva versione intimista. Applausi a scena aperta per Marino De Rosas, virtuoso chitarrista algherese che ha inciso di recente “Meridies”, viaggio nelle mille voci della chitarra sospesa tra pizzicato, new age, flamenco e ballo sardo. Festa grande con i trascinanti canti agricoli del Trio Cocco da Narbolia, e molto apprezzato il progetto “Sardus Pater” coordinato dalla poetessa sassarese Clara Farina, tentativo originale di recuperare in modo vivo e sonoro la potenza lirica nei versi dei poeti improvvisatori sardi. Attorno al grande palcoscenico era possibile visitare lo stand dell’associazione umanitaria Emergency e acquistare cassette e degli artisti sardi (disponibili alcune chicche come “Organittos” di Totore Chessa, una raccolta di sonate per launeddas e antichi canti a chitarra risalenti addirittura al 1910). Esaltare la creatività locale mettendo da parte invidie e divisioni, cercare di usare l’orgoglio dell’identità come valore aggiunto per creare confronti con la musica popolare del resto del mondo. Ecco la grande scommessa di “Dromos”, progetto che attende grandi conferme.


Dromos, il cuore della Sardegna
A Oristano un Festival di musica etnica dedicato al suono dell’isola
COUS COUS - ANNO II, NUMERO 8 - OTTOBRE-NOVEMBRE 1999
Fabrizio Giuffrida

Nel mese di settembre si è svolta a Oristano un’importante manifestazione che ha visto la partecipazione di molti grandi nomi dell’odierna scena musicale sarda. Nata per volontà e fede di Salvatore Corona e Roberto Delogu dell’agenzia Applausi, Dromos deve il suo nome a un elemento architettonico del nuraghe: il corridoio che permette di entrare nel cuore della costruzione. Dromos è quindi la via d’accesso al cuore della Sardegna, alle ricchezze della sua cultura e della sua musica, ma anche in senso inverso, una porta aperta verso l’esterno. La creatura di Corona e Delogu, infatti, non si propone solo di scattare un’istantanea del panorama musicale odierno nell’isola, ma intende anche essere un trampolino di lancio per esportare la musica sarda nel mondo. Se questa prima edizione è stata interamente dedicata alla Sardegna, già la prossima comprenderà artisti provenienti da diverse aree del mediterraneo.
La due giorni oristanese ha riscosso un notevole successo di pubblico, quasi quattromila paganti, grazie anche alla caratura degli artisti presenti: Tenore Antonia Mesina di Orgosolo, Trio Cocco, Lidia Murgia, Marino De Rosas, Argia, Antonello Salis, TancaRuja, Marras, Cordas et Cannas, Tenores Santa Sarbana di Silanus, Sardus Pater, Totore Chessa, Enzo Favata Quartet, Su Cuncordu Lussurzesu, Elena Ledda & Sonos, Benito Urgu , Andrea Parodi.
Le tradizioni dell’isola erano rappresentate dal canto a tenore, essenzialmente profano e legato all’ambiente pastorale, dal canto delle confraternite, religioso e legato ai rituali della settimana santa, e dalla musica per organetto.
Capitanato dalla bella voce di Giovanni Pira, poeta ad autore di molti dei testi del gruppo, il Tenore Antonia Mesina di Orgosolo ha proposto tre brani, una boche a sa seria, una boche a sa lestra e un’anninnia, riscuotendo un meritato successo.
Su Cuncordu Lussurzesu è invece costituito da quattro giovani che, dopo il loro apprendistato presso gli anziani della Confraternita del Rosario, hanno deciso di fondare un gruppo autonomo e diffondere la conoscenza del patrimonio tradizionale di Santulussurgiu. La loro esibizione a Dromos è stata molto apprezzata dai presenti, e aspettiamo una loro prova discografica.
Assoluto fuoriclasse dell’organetto diatonico, Totore Chessa ha conquistato il pubblico con la sua bravura e la sua comunicativa. A distanza di anni, e dopo averlo visto dal vivo molte volte, chi scrive resta ancora stupito dell’energia che questo figlio di Irgoli è capace di trasmettere semplicemente suonando il proprio strumento.
Esiste poi in Sardegna una vasta produzione musicale che, sia pure inserita nel mercato discografico globale, e senza disdegnare influenze a tratti jazzistiche altrove più marcatamente pop, mantiene un forte legame con le tradizioni isolane. Andrea Parodi ha proposto brani del suo Abacada, un progetto musicale di grande spessore nel quale l’ex voce solista dei Tazenda snoda un percorso fatto di storie, leggende e ricordi personali.
Gli Olbiesi Cordas et Cannas hanno invece presentato le composizioni del loro nuovo disco Fronteras, senza tuttavia dimenticare cavalli di battaglia come “Abba a bula”, “Nanneddu meu” e “Su testamentu”, spingendo i presenti ad abbandonare le sedie per riunirsi in un ballo collettivo ai piedi del palco.
Impressionante l’esibizione di Antonello Salis, jazzista ben noto anche oltre i confini nazionali, che ha suonato tre brani di altissima intensità alternando la fisarmonica la pianoforte. A tratti accarezzandoli, a tratti quasi violentandoli, tra delicatezza e irruenza, Salis ha esplorato tutte le possibilità timbriche degli strumenti facendoli cantare , piangere, ridere e urlare e tratteggiando una geografia della propria passione. Ostico per alcuni, ma assolutamente imperdibile.
Non è mancata poi una parentesi di cabaret, con il più celebre comico sardo, Benito Urgu: con gonna e fazzoletto in testa, e i suoi inconfondibili baffoni neri, ha impersonato uno dei suoi personaggi favoriti, la signora Desolina Vacca che delirava sulla morte del marito, deceduto in seguito a overdose da Viagra… Risate fino alle lacrime e crampi allo stomaco per tutti i presenti e applausi scroscianti per l’attore oristanese.